Maometto il profeta cornuto?
La Sura 24 fu rivelata dopo che i Musulmani raziarono una tribù Araba pagana, i Banu al-Mustaliq. La maggior parte di questa Sura tratta di uno degli eventi più noti della storia Islamica delle origini: La voce che Aisha, la moglie favorita di Maometto, avesse commesso adulterio, evento questo che come vedremo si ripercuote sulle donne musulmane ancora oggi:
Aisha si attardò dietro l’esercito con Safwan che, il giorno dopo, insieme sul suo cammello, la condusse all’accampamento. A causa di ciò alcune persone testimoniarono contro di lei e safwan, dicendo che erano al corrente di una storia tra i due. Tra gli accusatori c’era anche Alì ibn Abi Talib, che tentò di convincere Maometto del disonore di un simile atto: lo informò delle critiche, delle denigrazioni avanzate da molti, e della possibile nascita di sospetti da una simile situazione. Alì concluse, dopo accenni ed allusioni che equivalevano al riconoscimento del fatto sospetto, dicendo: “Oh Inviato di Dio, molte sono le donne, ripudiala e sii tranquillo”. Ma Maometto non gli diede ascolto a causa dell’intensa simpatia e dell’amore che nutriva per Aisha, poiché tra le sue mogli, non aveva sposato nessun’altra donna vergine e più giovane di lei. Questo episodio provocò la nascita dell’inimicizia tra Aisha e Alì e tra le loro famiglie fino ad oggi (sciiti vs sunniti). Poi Maometto pretese che l’innocenza di Aisha fosse rivelata dalla sura 24, conosciuta come “Sura della Luce”.
Premessa:
I Versetti 24:1-10 espongono la legge generale sull’adulterio: gli adulteri devono ricevere cento colpi di frusta (24:2); un uomo colpevole di adulterio può sposare solo una donna colpevole dello stesso crimine o una donna non Musulmana (24:3); per stabilire la colpevolezza sono necessari quattro testimoni e i falsi accusatori devono essere colpiti con ottanta frustate (24:4); i mariti possono promuovere accuse di adulterio contro le loro mogli se testimoniano quattro volte sotto giuramento (24:6) e invocano la maledizione di Allah su se stessi se stanno mentendo (24:7); una donna così accusata può evitare la punizione testimoniando quattro volte che il marito mente (24:8) e parimenti invoca la maledizione di Allah su di sé se sta mentendo (24:9).
Frustate per l’adulterio? Allora perché alcuni Stati Islamici condannano le adultere ad essere lapidate a morte? A causa di molti hadith e di uno in particolare, che dice che il Corano originariamente prescriveva la lapidazione per gli adulteri, ma in qualche modo questo passaggio fu tralasciato. Omar, il secondo successore di Maometto come Califfo, il capo dei credenti, spiegò:
“Io temo che dopo che tanto tempo è passato, la gente possa dire: ‘Noi non troviamo i Versetti del Rajam (la lapidazione a morte) nel Libro Sacro’ e quindi perdano la retta via, tralasciando un obbligo che Allah ha rivelato”.
Omar non volle che ciò accadesse, e utilizzò tutto il peso del suo prestigio per la legittimazione della lapidazione per l’adulterio:
“Io confermo che la pena del Rajam sia inflitta a chi commette rapporti sessuali illegali, se è già sposato e il crimine è provato da testimoni o gravidanza o confessione”. Omar aggiunse: “Sicuramente l’Apostolo di Allah [cioè, Maometto] eseguì la condanna di Rajam, e così abbiamo fatto noi dopo di lui”.
Nei Versetti 24:11-20 Allah redarguisce violentemente un gruppo che “diffuse una bugia” (24:11) contro una donna onesta, senza produrre quattro testimoni (24:13). La divinità rimprovera anche i credenti per aver dato credito a questa ovvia calunnia (24:12-16). Questa è una faccenda molto seria (24:15), ma il Corano non ci dice di che cosa si tratta. L’hadith volume 5, libro 59, numero 462 chiarisce i dettagli.
L’acusa di tradimento ad Aisha nei confronti del marito Maometto
Allah aveva da poco ordinato che le donne portassero il velo (un comando comunicato nel Versetto 24:31):
“ho proceduto con l’Apostolo di Allah dopo l’ordine di indossare il velo (per le donne) dche era stato rivelato da Allah”
Così Aisha, quando accompagnò Maometto nella spedizione contro i Banu al-Mustaliq, venne trasportata in una “howdah” [lettiga] fornita di tende per nasconderla dagli sguardi, sul dorso di un cammello. Secondo la tradizione si allontanò per “il richiamo della natura”; quando tornò si accorse di aver perso la sua collana, così andò a cercarla. Nel frattempo, gli attendenti sellarono il suo cammello ed issarono il suo palanchino credendo che Aisha fosse già dentro. “A quel tempo” spiega Aisha, “ero molto giovane” e “le donne pesavano poco, perché non diventavano grasse”. Così la carovana partì senza di lei e la moglie favorita di Maometto fu lasciata indietro. Ritornata al campo Aisha non trovò nessuno ma di lì a poco passò Safwan che si trovava nella retroguardia e la ricondusse a Medina. “Io mi coprii immediatamente il viso col velo” dichiarò Aisha “e, per Allah, non scambiammo una sola parola e io non lo sentii pronunciare alcuna parola eccetto la sua Istirja“ – una preghiera recitata nei momenti di difficoltà. Safwan portò Aisha sul suo cammello all’accampamento Musulmano – e quasi immediatamente iniziarono i pettegolezzi.
Vedendola arrivare accompagnata da Safwan, ‘Abdallah, figlio di Ubayy, disse: “Si può perdonare ad Aisha quel che ha fatto, perché Safwan è più giovane e più bello di Maometto”. (Tabari)
Anche Maometto fu influenzato da queste voci:
Tornati che furono a Medina, la storia si diffuse e ciascuno la raccontava a modo suo, dandole un significato scandaloso. Un tale Misṭaḥ, discendente di ‘Abd Manāf, era domestico di Abu Bakr, che chiamava lui «zio» dicendo che faceva parte della famiglia, e sua madre «zia». Misṭaḥ affermava dunque di sapere da parecchio tempo che Aisha, in casa di suo padre, aveva avuto rapporti intimi con Ṣafwān. La stessa cosa sostenne Ḥamnah, figlia di Ǧaḥš e sorella di Zaynab, moglie del Profeta. Identica asserzione fece Ḥassān, figlio di Ṯābit, poeta del Profeta. Fra la gente, alcuni ci credevano, altri no. Ḥassān, figlio di Ṯābit, venne a trovare il Profeta; gli parlò della faccenda e addusse la testimonianza di Misṭaḥ e di Ḥamnah. Costei arrivò a dire di aver visto i due più volte insieme in vari posti. Il Profeta ne fu molto turbato. Ad Aisha non disse nulla ma, quando si recava da lei, si mostrava freddo. (Tabari)
“Dopo che tornammo a Medina, mi ammalai per circa un mese. La gente continuava a diffondere le false dichiarazioni dei calunniatori, mentre io ero all’oscuro di tutto, ma mi accorgevo che, nella mia attuale malattia, non stavo ricevendo dal Messaggero di Allah le solite attenzioni che solitamente ricevevo quando ero malata”.
Aisha era profondamente afflitta:
“Continuai a piangere quella notte fino all’alba, non riuscivo né a smettere di piangere, né a dormire, poi, al mattino, continuai a piangere”.
Alì bin Abi Talib, che successivamente divenne il grande santo ed eroe dei Musulmani Sciiti, ricorda a Maometto, in modo molto poco galante, che c’era “grande abbondanza di donne” disponibili per il Profeta:
Convocò poi Alì, e Usāmah, figlio di Zayd, e li interrogò sul conto di Aisha. Usamah, che era cresciuto in casa del Profeta, disse: «Non le ho mai visto commettere nulla di riprovevole, né coi fatti, né con le parole. Lo giuro». Quanto ad Alì, disse: «Apostolo di Dio, togliti da questo imbarazzo. Ci sono tante donne nel mondo! Se su quella nutri un sospetto, scegline un’altra». (Tabari)
Questo comportamento di Ali, fu l’origine poi di una tensione continua tra lui e Aisha, e complicò molto la successione di Maometto. Aisha non lo dimenticò mai, né lo perdonò e, dopo la morte di Maometto, mosse guerra essa stessa contro Alì.
Alì consigliò a Maometto anche di interrogare Barira, la schiava di Aisha, per sapere se avesse visto qualche cosa e Barira sostenne che Aisha non aveva avuto comportamenti sospeti.
Maometto decise di lasciare la vicenda “nelle le mani di Allah”, dicendo ad Aisha:
“Sono stato informato così e così di te; se sei innocente, allora Allah presto rivelerà la tua innocenza, e se hai commesso un peccato, allora pentiti di fronte ad Allah e chiedi il Suo perdono, perché quando una persona confessa i suoi peccati e chiede il perdono ad Allah, Allah accetta il suo pentimento”.
Quindi, tanto per cambiare, Maometto ricevette alcune utili rivelazione da Allah:
A Medina non c’erano ritirate e le donne, solitamente, uscivano dalla città. Dio rivelò il seguente versetto: «Rimanete, inoltre, tranquille nelle vostre case» (Corano 33:33). (Tabari)
Il Profeta fece venire Barīrah, una delle sue schiave, e la scongiurò di dirgli tutto quel che sapeva su Aisha. Barīrah giurò di non aver mai visto commettere da Aisha nessun fallo, tranne una volta. «Allevavo in casa un montone. Un giorno preparai della pasta per fare il pane e dissi ad Aisha di custodirla, ma si addormentò e il montone mangiò la pasta.» Il Profeta si recò allora da Aisha, la fece sedere accanto a sé, insieme a suo padre e sua madre, e le disse: «Aisha, sai cosa dicono di te. La cosa è ormai sulla bocca di tutti e io ne sono molto addolorato. Nessuno in questo mondo è del tutto innocente e senza peccato. Se hai commesso qualche fallo, come dicono, pentiti e chiedi perdono a Dio». Aisha scoppiò a piangere, poggiando il capo sulle ginocchia. «Non serve piangere, figlia mia» le disse Abu Bakr. «Il Profeta ti parla e tu rispondigli.» Aisha levò il viso e disse: «Cosa posso rispondere? Non c’è nulla di cui io debba pentirmi o di cui debba chiedere perdono a Dio o a chicchessia. Ma avrò un bel parlare… Non mi crederete. Dirò come diceva il padre di Giuseppe ai fratelli di costui: “A me però occorre avere una pazienza decorosa; Dio è colui al quale domando aiuto” (Corano 2:18). Solo Dio può far palese la verità. Quand’anche tutti gli uomini della terra parlassero in mio favore, tu non ti convinceresti, a meno che Dio non ti testimoniasse la mia innocenza. Ma io non sono così importante da giustificare una rivelazione. Forse Dio ti parlerà per bocca di Gabriele o per mezzo di un sogno. Lo spero». Il Profeta attese che Gabriele venisse a portargli una rivelazione. Quando manifestò i segni di malessere, che sempre precedevano le sue visioni, il padre e la madre di Aisha impallidirono e tremarono, temendo che fosse reso palese il disonore della figlia. Costei invece era fiduciosa, pensando che Dio avrebbe rivelato al Profeta solo la verità. E Dio, sul tema dell’innocenza di Aisha, rivelò 17 versetti, di cui il seguente è il primo: «Certamente, quelli che hanno inventato la menzogna sono parecchi di voi; però non considerate ciò come un male; anzi! Ciò è un vantaggio per voi» (Corano 24:11). (Tabari)
Il Profeta ne fu molto contento e si rivolse sorridendo ad ‘Ā’išah: «Rallegrati, perché Dio mi ha rivelato la tua innocenza» (Tabari)
“Così lo colpì la stessa dura condizione che solitamente lo afferrava (quando era Divinamente Ispirato) così che gocce di sudore gli colavano, come perle, benché fosse una (fredda) giornata invernale, e ciò avvenne a causa del peso della Dichiarazione che gli fu rivelata. Quando questo stato dell’Apostolo di Allah fu passato, e lui stava sorridendo quando ne fu sollevato, la prima parola che disse fu: ‘Aisha, Allah ha confermato la tua innocenza‘”.
L’onore di Maometto fu così salvo.
Aisha era comunque ancora arrabbiata:
“Mia madre mi disse: ‘Alzati e vai da lui’. Io replicai: ‘Per Allah, non andrò da lui, né ringrazierò nessuno tranne Allah'”.
Però si stupì per la rivelazione:
“Per Allah, non avrei mai pensato che Allah avrebbe rivelato in mio favore una rivelazione che sarà recitata, poiché mi consideravo troppo poco importante per essere menzionata da Allah nella Rivelazione Divina che dovrà essere recitata”. (Sahih Bukhari, volume 9, libro 93, numero 635)
La rivelazione fu recitata e le false accuse contro di lei ispirarono l’obbligo di quattro testimoni Musulmani maschi per stabilire un crimine di adulterio o trasgressioni correlate. La legge Islamica richiede ancora la testimonianza di quattro testimoni maschi per stabilire i crimini sessuali (24:13). La pena prevista dall’islam per chi ha calunniato qualcuno a proposito di adulterio fu rivelata nello stesso momento:
Dio ordinò poi al Profeta di far somministrare ai calunniatori ottanta vergate. Sta scritto nel Corano: «… Chi avrà aggravato la calunnia riceverà un severo castigo». Queste parole si applicavano ad ‘Abdallah, figlio di Ubayy. Sta anche scritto: «Per certo, quelli che amano che si diffonda lo scandalo fra quelli che credono, avranno un castigo doloroso nella vita terrena e in quella futura» (XXIV, 18-19). E «castigo in questo mondo» significa «vergate». Il Profeta uscì dunque dalla casa di Abu Bakr, mandò in cerca di Ḥassān, figlio di Ṯābit, di Misṭaḥ, figlio di Uṯāṯah, e di Ḥamnah, figlia di Ǧaḥš, e li fece percuotere con le verghe. (Tabari)
Di conseguenza, è molto difficile provare uno stupro nei paesi che seguono i dettami della Sharia. Se una donna accusa un uomo di violenza carnale, può finire per incriminare se stessa. Se i richiesti quattro testimoni non possono essere trovati, l’accusa di stupro della vittima diventa un’ammissione di adulterio. Questo spiega la dura realtà che fino a pochi anni fa il settantacinque per cento delle donne in carcere in Pakistan erano, in effetti, dietro le sbarre per il reato di essere state vittime di uno stupro non provabile per la mancanza dei quattro testimoni previsti dalla sharia. Quando il governo Musharraf istituì dei provvedimenti per rimuovere il reato di stupro dalla sfera della legge Islamica, stabilendo che doveva essere giudicato in base ai moderni criteri delle prove legali, un gruppo di “ecclesiastici” Musulmani si infuriò. Essi intimarono che la nuova legge fosse ritirata: avrebbe trasformato il Pakistan in un’area di “sesso libero”. Gli ecclesiastici tuonarono che la nuova legge era “contraria agli insegnamenti dell’Islam” e che era stata approvata soltanto per accontentare l’Occidente.