Le vergini e l’uva: le origini cristiane del Corano

Una risposta

  1. De-Ge ha detto:

    La sua ricerca parte dalle conclusioni di molti studiosi Occidentali sull’influenza che il siriano antico ha avuto sull’evolversi della lingua Araba e sul Corano stesso.

    Ora, in Arabo la maggior parte delle lettere sono consonanti; le vocali delle parole vengono decise dai punti diacritici sopra queste lettere (questi punti sono parte del linguaggio; ad esempio in Italiano gli unici punti diacritici sono gli accenti, mentre in altre lingue si usano punti diacritici per distinguere i dittonghi o il suono della consonante).

    Luxenberg cerca di dare un’interpretazione diversa del Corano alterando questi punti diacritici laddove i commentatori sono incerti o indecisi sul loro reale significato, ma lo fa seguendo una precisa metodologia.

    Il suo metodo funziona grossomodo così: come base usa l’edizione del 1922-23 del Cairo del Corano senza i termini arabi che usano le vocali; partendo dai passaggi che non sono chiari ai commentatori Occidentali.

    Quando si ha una chiara scelta tra due possibili letture, usa il metodo del lectio difficilior (termine latino che denota una tecnica in uso presso chi studia testi antichi quando si trovano davanti a diverse parole in diversi documenti; in genere si considera quella più difficile e meno comune come autentica, in quanto si è notato come in molti casi alcuni scribi semplificano i testi che trascrivono qualora incontrino parole di cui non conoscono bene il siginficato). Solo quando il contesto di un’espressione è chiaramente non chiaro, e i commentatori Arabi non hanno una spiegazione plausibile, allora Luxenberg esplora una soluzione che prevede l’alterazione dei punti diacritici dell’edizione del Cairo.

    Prima controlla se esiste una spiegazione plausibile in Tabari (il famoso Tafsir). Se questo non porta a nessun risultato, controlla se l’espressione Araba ha una radice omonima in Siriano con un significato diverso che ha senso nel contesto. In molti casi, ha trovato che la parola Siriana con il suo significato ha più senso (notare che in questi primi casi non si sta modificando il testo consonante del Corano).

    Se questi passi non portano a nulla, allora cerca di vedere se cambiando uno o più segni diacritici porta ad un espressione in Arabo che ha più senso. Se no, cambia i punti diacritici e controlla se vi è un omonimo in Siriano che sia plausibile.
    Se ancora non c’è soluzione, controlla se l’Arabo sia un calco di un’espressione Siriana. I calchi sono di due tipi: morfologici e semantici. Un calco morfologico è un “prestito” che preserva la struttura della fonte ma usa i morfemi (?) del linguaggio bersaglio. Ad esempio, il tedesco Fernsehen è semplicemente i morfemi “tele” e “visio” della parola inglese “televisione” tradotta nei suoi equivalenti tedeschi. Un calco semantico assegna i significati presi a prestito a parole che precedentemente non avevano significato, ma che sono sinonimi con la parola d’origine (questo paragrafo non mi è chiaro al 100%, ad una prima lettura).

    Luxenberg ha applicato questa sua nuova esegesi ad alcune ayah del Corano, in particolare a quello delle cosiddette “vergini” del Paradiso. Applicando tale metodo ai vari passaggi in cui si parla di esse, egli suggerisce che il termine usato per descrivere tanto le vergini dagli occhi neri quanto i giovinetti come perle siano fraintendimenti di parole Siriane che significano semplicemente “uva”.

    —–

    Questo studio non ha abbracciato il Corano nella sua interezza, ma sarebbe interessante vedere cosa cambierebbe del senso del Corano e dell’Islam stesso da questa rilettura. Anche se sarebbe di interesse già dal punto di vista storico e accademico: nessun Musulmano accetterebbe infatti una rilettura anche di una sola virgola del Corano, perché per loro sarebbe eresia pura.

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