I limiti invalicabili alle interpretazioni delle fonti islamiche
Parlare di un unico Islam non è del tutto corretto. Si usa il termine Islam come standard base, visto che in verità l’Islam è diviso in “molti Islam”, diffusi e meno diffusi. Diciamo che l’Islam più diffuso, ovvero quello sunnita che si rifà alle scuole tradizionali, è l’Islam a cui in genere ci si riferisce. È il più puro nonché il meno viziato dalle influenze esterne (insieme allo sciismo centralizzato, i cui più celebri esponenti sono gli Ismailiti e i Duodecimani). Gli altri Islam variano anche in maniera evidente tra di loro ma, a meno di non finire nell’eresia più totale, ogni Islam ha una base ben delineata in comune con gli altri.
La nostra critica mirata interessa principalmente l’Islam maggioritario e la BASE su cui esso poggia in maniera rigorosa, che è la stessa su cui poggiano la propria dottrina le altre varianti.
Riguardo le divisioni, tutta la storia dell’Islam ne è caratterizzata, ed infatti è sempre stata teatro di scontri e di guerre interne. Tanto per dire, Uthman, il terzo califfo, nonché Compagno di Maometto al quale si attribuisce l’organizzazione della compilazione della versione canonica del Corano che tutti conosciamo, venne assassinato da un gruppo interno ribelle.
I primi separatisti furono i gruppi in seguito definiti deviazionisti. Parliamo dei kharidjiti (il gruppo più antico), i murjiiti, i qadariti e i mutaziliti (il sunnismo ancora non esisteva).
Le divisioni non si sono mai fermate e sono quasi sempre state spinte da motivazioni prettamente politiche, non dottrinali. La successione a Maometto per il comando della comunità islamica fu all’origine della più grande divisione all’interno dell’Islam che portò alla nascita dello sciismo. Per cui, come vediamo, il fatto che oggi esistano un così ampio numero di differenze, è più che normale.
Ci sono differenze e antipatie reciproche persino tra stati conservatori, e tra stati conservatori e le organizzazioni fondamentaliste. Alcuni gruppi fondamentalisti accusano l’Arabia Saudita di essere uno stato di plutocrati traditori dell’Islam che fingono solamente di osservare la sharia.
Non vi è dunque accordo nemmeno tra chi, dal punto di vista dottrinale, diverge solo per piccole sfumature, tranne in casi di alleanze strategiche. Generalmente la dottrina non ammette divergenze nelle parti oggettive della rivelazione: la verità in queste tematiche resta una e unica, tutto il resto invece può essere oggetto di diverse opinioni (entro i limiti, appunto, di ciò che è oggettivamente vero).
Ovviamente niente può essere certo con la “fantateologia”, soprattutto quando sono milioni le teste che ogni mattina possono svegliarsi e dire la loro, ma le parti più ovvie e dimostrate da quanto scritto sulle fonti (esempi banali: il Corano è stato rivelato attraverso Maometto. Maometto è emigrato a Medina. L’adulterio è un crimine. Gli infedeli andranno all’inferno etc..) tendono a calamitare le varie dottrine verso una visione ben demarcata che oggi definiamo tradizionale e che non a caso è quella che domina ininterrottamente da 1400 anni.
“Per quanto possano essere diversi tra loro i wahhabiti sauditi o i mulla iraniano-sciiti, i Fratelli Musulmani egiziani e i combattenti palestinesi di Hamas, i sufi pakistani o i Black Muslims americani, vi è un’eterna, immutabile essenza dell’islam, radicalmente diversa da tutto quanto è occidentale”. [Hans Kung, Islam, Rizzoli, pag. 41]
Sin dall’ultimo periodo di vita dell’Impero Ottomano il colonialismo ha aperto la strada alle influenze del diritto e della filosofia occidentale nei paesi musulmani più colpiti da questo processo. Stati come la Turchia, Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria etc. da quel momento hanno attinto a piene mani nei Codici europei (spesso anche imposti), molto più moderni ed efficienti rispetto al diritto musulmano che, ovviamente, non avendo niente di divino, si è rivelato insufficiente. Gli stati musulmani hanno dovuto almeno in parte accettare un codice diverso da quello musulmano. L’Impero Ottomano tentò inizialmente di mantenere intatti i codici del diritto musulmano inserendo codici del diritto romano (mejelle), ma si rese presto contoA che questo metodo non soddisfaceva le necessità moderne. Ciò nonostante, ovviamente, chi più chi meno nessun paese musulmano ha del tutto abbandonato l’influenza della sharia nelle proprie leggi, ed è per questo che ancora oggi esistono stati musulmani più moderni di altri che adottano leggi arretrate (ispirate alla sharia).
Chi non ha avuto la fortuna di essere influenzato dal colonialismo e dal pensiero occidentale sono quegli stati che, guarda caso, hanno leggi Islamiche più numerose e più severe e quindi sono più arretrati degli altri. Poi ci sono quei paesi che, a causa delle spinte dei musulmani più convinti, hanno sviluppato un rifiuto delle influenze “occidentalizzanti” per un ritorno all’applicazione della sharia (panarabismo, Fratelli Musulmani etc).
Alla luce di quanto detto, se i musulmani non applicano le stesse norme in tutto il mondo dipende dalle differenti influenze che hanno subito e – non meno importante – dal fatto che applicare coerentemente le norme di una religione a livello planetario è praticamente impossibile, tanto che nemmeno il Cattolicesimo che ha un unico catechismo (consultabile on-line tra l’altro) è uguale identico in ogni luogo. Basti pensare che esistono alcuni modelli ecclesiastici diversi, che pur rientrando nella Chiesa a tutti gli effetti, prevedono sacerdoti sposati: i sacerdoti delle chiese maronite d’oriente che, per tradizione millenaria, non hanno mai conosciuto il celibato. Anche ultimamente, durante il precedente papato di Benedetto XVI, per mezzo della costituzione apostolica, si è chiarito che i sacerdoti anglicani (riunitisi a Roma) qualora avessero avuto una famiglia, se la sarebbero potuta tenere.
C’è da aggiungere che nell’Islam gli aspetti culturali e sociali sono inscindibilmente sottomessi alla religione e quindi all’essere codificati dalla sharia, mentre il Cristianesimo non ha la pretesa di codificare una cultura precisa, ed il fatto che Gesù sia vissuto nell’oriente del primo secolo non implica che si debba avere come riferimento culturale solo quello.
Come avrete notato con questo ultimo paragrafo abbiamo introdotto anche l’aspetto delle tradizioni culturali. L’Islam, come tutte le religioni, specie se largamente diffuse (Cristianesimo cattolico compreso, dunque) ha dovuto in qualche modo adattarsi alle diverse culture nelle quali si è innestato. Non è possibile nemmeno con l’utilizzo della spada sradicare totalmente una cultura. Ciò spiega anche il motivo per cui l’infibulazione non è diffusa nella stessa maniera in tutto il mondo musulmano.
La questione Islam, quindi, va analizzata attorno alle possibili deviazioni da un unico pensiero, non dimenticando, però, che esso resta comunque lo scheletro portante di tutta la teologia coranica. La fonte sacra dell’Islam, il Corano per l’appunto, è uno, e uno rimane. La parola di Allah enunciatavi è quella, e quella resta. I comandamenti di Maometto sono tali, e tali rimangono.
Le varie interpretazioni con relative deviazioni dal messaggio divino non possono che essere circoscritte a quanto si può fare o dire, altrimenti il messaggio della Rivelazione viene sovvertito.
Sovvertire la parola di Allah per mezzo di elementi non Islamici, alla luce dei quali interpretare tutto l’apparato delle fonti sacre con l’intento di raddrizzare il tiro, di modo che lo stesso Allah sia più “occidentalmente” accettato, significa disconoscere l’autorevolezza del messaggio divino e ciò implica la creazione di una religione che non può essere chiamata Islam, se con Islam intendiamo una religione fondata su quanto rivelato da Allah attraverso Maometto.
Mi viene in mente una frase che ho sentito in un famoso cartone animato:
“Una rosa è una rosa, anche se essa sia bianca o rossa. Una rosa non sarà mai un lillà.”
Ha senso, quindi, per noi, pensare o sperare che un giorno, per magia, per qualche genere di alchimia o per pura follia, l’Islam diventi una religione di pace e amore fraterno se esso nasce da fonti violente?
Guardando il futuro con un lungo salto temporale (secoli), ha senso per noi pensare che se queste fonti resisteranno ai secoli, gli insegnamenti cattivi in esse contenute, potranno essere trascurati?
Invece di sperare che un albero cattivo faccia frutti buoni, non sarebbe più sensato sradicare le radici di quell’albero consapevoli che in esse non vi è niente di sacro e che quindi non bisogna crederci fideisticamente?