Storia di un ex-musulmano italiano
di: Sa’ad
1) UN INIZIO CLASSICO
Il mio nome non è importante, neanche quello che faccio per vivere o come appaio, bensì la mia storia lo è, e visto che è un po lunga cercherò di narrarvela per sommi capi.
Per più di 40 anni ho vissuto sempre con mia nonna, una persona eccezionale, di fede cattolica: io invece, da quando ne avevo 28 ero divenuto cristiano ortodosso, fede nella quale fui anche battezzato per immersione, alla maniera tradizionale.
Purtroppo eventi particolari mi avevano allontanato da quella fede che un giorno avevo scelto dicendo “ho trovato quello che cerco, e non ho più bisogno d’altro”, così, un giorno passando vicino a casa mia vidi un negozietto di un tunisino con il quale entrai in confidenza.
Parlando con lui, magnificò l’islam, parlandomene con toni ottimi, descrivendolo come la vera religione, ma io, dubitando, decisi di comperare un Corano e leggerlo per capire meglio ciò di cui mi diceva questa persona.
Leggendolo, vidi che molte cose sembravano apparentemente tornare, ma dato che avevo subito una ferita non da poco nella mia fede, volli sincerarmi di persona, e così mi recai alla moschea della mia città: in quei giorni c’erano alcuni viaggiatori di passaggio, probabilmente adepti della da’wa, e dopo qualche sguardo dubbioso dei presenti, uno di essi prese la palla al balzo, e gridò “fatelo entrare, vieni fratello, prego, entra!” e mi posero a mangiare assieme a loro, parlando con me come se ci fossimo conosciuti chissà da quanto tempo.
Allora ero ingenuo, e non sospettavo nemmeno l’esistenza di quella che in seguito lessi essere la “love bomb” il trucco per il quale sono tutti tuoi amici e ti trattano come fossi loro fratello di latte per convincerti ad aderire al loro credo: in effetti ero andato lì apposta per vedere se era veramente vero che tutti i musulmani sono uguali, tutti fratelli tra di loro come stava scritto nelle sure, ed infatti ci cascai in pieno, ed iniziai a pensare “ha ragione il Corano, è proprio così come dicono” e quindi fu facile avvicinarmi alla religione, e dopo un po di tempo speso ad imparare i fondamentali, fare la Shahada, la professione di fede, con la quale tradii il mio Signore, quello vero, cosa che in seguito avrei rimpianto molto amaramente.
Iniziò così la mia vita semplice da musulmano. In seguito feci un viaggio in Tunisia, dove venni molto lodato per questa fede che avevo, tutti mi offrivano ogni cosa ed erano sempre felici di vedermi.
Venne quindi come per ogni fedele il tempo di sposarmi, anzi, probabilmente farmi sposare: in moschea iniziarono a parlarmene, ma io diffidavo, in quanto non avevo molta fiducia, e dissi che se fosse successo avrei tentato di trovare una persona tradizionale, religiosa, per bene, ed un giorno, grazie ai buoni uffici di un imam di mia conoscenza, la trovai: graziosa, velata, tradizionale, della buona borghesia di Casablanca, quindi non una nullatenente ed interessata al matrimonio per motivi economici.
Ci sposammo in Marocco, sia dall’ufficiale reale, che al consolato italiano, quindi fu fatta la festa in casa, coi parenti e i vicini al completo, moltissima musica, balli e grandi felicitazioni. A Casablanca in una moschea rifeci anche la Shahada davanti ad un vastissimo pubblico di almeno 10.000 persone (era di ramadan e quindi non solo la moschea ma anche i suoi dintorni erano pieni di gente). Allora non sapevo che le pubbliche professioni di fede, specie di europei, erano un veicolo pubblicitario potentissimo come rinforzante della fede musulmana sia per i credenti che per i nuovi convertiti.
Tornato in Europa, cominciai però ad avere dei dubbi, e più passava il tempo e sentivo notizie giungere sul terrorismo islamico, e più essi aumentavano, anche perchè c’erano molti versetti del Corano inneggianti alla guerra, che però supponevo che fossero cose del lontano passato, di certo non attuali o almeno non riconosciute dai musulmani regolari.
Un giorno un mio conoscente, che sapeva che io ero stato ortodosso, mi raccontò che una vicina chiesa era stata “data agli ortodossi” così decisi per mia curiosità di andare a dare un occhiata (anche da musulmano non mi facevo problema ad entrare in una chiesa cristiana se ci fossero stati dei motivi validi, come la cultura o l’arte, ed ovviamente entravo quando non c’era la messa: insomma, trattavo le chiese come dei musei visitabili) ed entrato dentro, vidi una grande iconostasi dorata (l’iconostasi è quel muro in legno con 3 porte che divide l’area dei fedeli dall’altare nelle chiese ortodosse): avvicinatomi, incontrai con lo sguardo l’icona di Cristo, e mi sembrò come se guardasse me.
Dire che mi sentii ben peggio di Giuda è dir poco: sentii l’orrore del tradimento, la vergogna di quello che avevo compiuto, e uscii fuori sconvolto, poi tornai a casa.
Nei mesi seguenti cercai ogni modo di tornare alla mia naturale fede ortodossa, chiaramente cercando in modo di nasconderlo alla moglie, e dopo un certo tempo, finalmente a Milano mi diedero il numero di un prete ortodosso che stava nella regione dove abito.
Lo contattai, parlai a lui, gli spiegai cosa era successo, e lui capì e mi offrì una via di salvezza, così, una domenica, rientrai nella Chiesa Ortodossa con un rito apposito in quanto provenivo, bene o male, dall’islam.
Rinnegai con coraggio, a voce alta il Corano, la Sunna e gli ahadith, il Profeta e l’Islam dinanzi ai fedeli riuniti a vedere il tutto, e solo allora realizzai che finalmente ero tornato a vivere.
2) UN GUERRIERO CONTRO L’ISLAM
Qui inizia la parte più tragica della mia vicenda, che inizia dopo alcuni anni dal momento che riuscii a tornare in seno alla Chiesa Ortodossa: ci era nata una bellissima bambina, alla quale mi ero affezionato subito, ma nel frattempo la moglie stava cercando in ogni modo di imporre la sua volontà sulla mia, soprattutto in campo finanziario, prendendo la mia busta paga prima ancora che io riuscissi a vederne anche solo una parte, disprezzandomi in ogni modo, togliendomi ogni libertà, ed imponendo le sue tradizioni.
Fu un pessimo periodo, spesso pieno di liti, e per quieto vivere cedevo: ma come una pentola a pressione, era certo che prima o poi sarei esploso.
E infatti l’esplosione ci fu quando una volta facemmo un viaggio in Marocco che io già non desideravo fare, ma che alla fine feci, ed in quel paese scoppiò alla fine il dramma: dopo quasi 3 mesi passati a casa della madre, dove dormivo in uno stanzino degli armadi con un caldo opprimente, non potevo mai gestire soldi se non quelli che mi dava lei, pochi dirham per pagarmi caffè e sigarette, alla fine volevo solo tornare indietro, ma la moglie con ogni scusa sembrava non voler acconsentire al ritorno, e le liti ormai giornaliere si sprecavano, spinto dal consiglio di un vicino marocchino che aveva abitato a lungo in Italia e che ascoltando la mia storia mi aveva consigliato bene, mi decisi a fuggire: approfittando del fatto che al mattino uscivo per prendere il caffè ed una sigaretta dal venditore al minuto, presi coraggio, ed iniziai a camminare puntando verso il consolato.
Grazie al mio senso dell’orientamento, pur sfiancato dal calore, traversai tutta Casablanca riuscendo ad arrivare al consolato, e giunto là raccontai la mia vicenda, chiedendo protezione e di poter tornare in Italia.
Tra l’altro, scoprii che i miei colleghi di lavoro non sapevano nulla di me da moltissimo tempo, ed ero considerato una sorta di disperso: comunque al consolato furono gentilissimi, e mi fornirono una camera in hotel per una notte, per poi mettermi su un autobus, e farmi tornare in Italia.
Ce l’avevo fatta, ma quando tornai mi attendeva la vendetta della moglie, che non solo era tornata indietro prima di me in volo (Per intere settimane mi aveva detto che non c’erano voli di ritorno, ma GUARDA CASO poi il volo c’era ed i soldi per pagarlo pure, chissà come mai!) ma mi negò l’accesso a casa (che tra l’altro l’affitto della quale lo pagavo IO, mica lei!), quindi, non soddisfatta, poi mi denunciò pure ai carabinieri con le scuse più incredibili ed assurde che poté inventare, stalking incluso, scuse così scarse di fondamento che quando fui convocato dal maresciallo della vicina stazione, si rese conto che la vittima ero io, e che non rappresentavo la minima minaccia per nessuno.
Presi il coraggio di ribellarmi decisamente, e rifiutai di vedere la consorte o la figlia, decidendo che era meglio stare al dormitorio e mangiare alla mensa della Caritas piuttosto che avere a che fare con lei. Passai quattro mesi, da settembre a dicembre, in questo modo, continuando a lavorare ma vivendo, per la prima volta in vita mia, da uomo libero, ed imparando molto sul mondo che non si vede mai, quello di coloro che hanno perso tutto o che non hanno niente, ma che sono spesso migliori delle persone che si dicono “perbene”.
Ogni tanto i miei colleghi più vicini mi parlavano, cercando di perorare la causa della moglie, che era rimasta senza niente, e cercava aiuti qua e la, in quanto io usavo la mia paga per sostentarmi in quel periodo, e visto ciò che aveva fatto in passato non avevo la minima pietà di lei – dopotutto se l’era cercata, se avesse agito meglio non sarebbe andata certamente così.
Venne quindi dicembre, e incontrai a volte la moglie e la figlia (alla quale avevamo deciso di comune accordo di dire che ero “via per lavoro” così da non turbarla) per far si di offrire alla piccola la mia presenza, una pizza assieme, e le giostre di Natale, poi, un giorno, gli chiesi se potevo fermarmi da lei fino a che non avessi trovato un nuovo posto al dormitorio, e tornai a casa.
Vidi che la piccola, che a me è sempre stata molto affezionata, soffriva molto la mia mancanza, e così pensandoci su, decisi di tornare, ma prima di farlo misi in chiaro alcune cose: la prima, è che si, l’avrei perdonata, ma che non mi sarei mai dimenticato quello che aveva fatto, e la seconda fu lo stabilirsi di regole chiare per le quali quello che pagava ero io e quindi i soldi toccavano anche a me, smetteva da subito di voler ricreare il Marocco a casa mia, accettava il fatto che io rimanessi nella mia fede cristiana e non si lagnasse mai se andavo a messa o a qualche rito, e si pacificava fin da subito.
Ella accettò, e ricominciò la vita, debbo dire in maniera molto diversa da prima, e comunque molto migliorata: io, per quieto vivere, quando serviva facevo la parte del “bravo marito musulmano” per non rovinargli lo status sociale, e lei ovviamente mollava su tutto il resto.
Ovviamente non andavo certo a fare la preghiera alla moschea, ma mettevo in azione il mio modo diplomatico e i miei “alhamdulillah” giusto per stare nella parte prevista il minimo indispensabile, poi me ne ritornavo alle mie cose, o andavo a fare un giro per conto mio lasciandola chiacchierare in arabo senza problemi. Do ut des, insomma.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Debbo dire che, per essere sincero, avrei voluto concludere questa situazione lasciando la moglie e rifacendomi una vita, alla quale avrei avuto diritto visto quello che ho passato, ma il grande problema è sorto con mia figlia (che ora ha 6 anni) che è veramente affezionata sia a me che a lei, ed anche quando ero lontano stava sempre a pensarmi, a guardare le foto e il video del matrimonio, a piangere e chiedere di me: io non sono una persona senza cuore, e così accettai una tregua, per la felicità della piccola.
Così sono passati all’incirca 3 anni da allora: ho intrapreso la via del cristiano segreto, come molti altri che hanno avuto lo stesso mio problema, e ho deciso di collaborare con chi come me rifiuta l’Islam: il problema che ho trovato soprattutto, è stato che molti detrattori non sono per niente onesti, puntando su un razzismo e una xenofobia che io non accetto in nessun modo, come pure non accetto le teorie offerte da movimenti e associazioni appartenenti alla cosiddetta “destra”.
La svolta è arrivata con Islamicamentando, che ho letto e seguito con attenzione, vedendo che portava argomenti validi, rifacendosi allo stesso Corano e Hadith per spiegare la realtà dell’Islam senza forzare la mano con ululati xenofobici e argomenti che non hanno niente di razionale.
Per questo motivo ho deciso di lasciare la narrazione della mia conversione e la successiva apostasia, poichè sono sicuro che tutto ciò che ho scritto sarà trattato correttamente, e ho anche chiesto di collaborare per mostrare la realtà di una “religione” che non è altro che un cappio al collo di chiunque la pratichi, e spero che molti leggano la mia testimonianza e comprendano che la verità non si trova nelle pagine del Corano.
Saad