Medioevo islamico: appropriazione indebita di studiosi non musulmani
I paesi islamici sono i più arretrati al mondo e, se non fosse per il petrolio, sarebbero anche i più poveri. Ma i Musulmani continuano a sbandierare i grandi luminari della scienza vissuti durante la cosiddetta “età d’oro dell’Islam”, in molti casi anch’essi vittime di una distorsione storico-logistica, atta a far apparire l’islam come una religione dal passato scientifico glorioso. Inappropriatamente citano grandi menti come Zakaria Razi, Abu Ali Sina, Ibn Rushd, ecc… perché questi studiosi hanno sensibilmente contribuito al progresso della scienza e della filosofia, e lo fanno affermando che: “se l’Islam fosse stato così sbagliato, potevano forse questi grandi uomini non notarlo?”, “non è forse una prova sufficiente della verità e della sacralità dell’Islam, il fatto che degli uomini così illustri siano stati Musulmani?”
In questo articolo ci concentreremo su alcuni esempi di studiosi che vengono ufficialmente presentati come musulmani, quando invece o non lo erano o erano eretici.
Partiamo da Zakariya al-Razi (865-925), un libero pensatore dell’intero mondo arabo medievale (o per meglio dire, “mondo arabo”). E’ stato uno dei più grandi medici di tutti i tempi. Ha scritto oltre duecento libri su un’ampia gamma di argomenti. E’ l’autore della monumentale enciclopedia al-Hawi, sulla quale lavorò per quindici anni. Al-Razi era un empirista, che invece di seguire le procedure standard registrava con cura il progresso dei suoi pazienti e gli effetti dei trattamenti su di loro. Scrisse uno dei più antichi trattati sulle malattie infettive, vaiolo e morbillo.
Quasi tutti i libri filosofici di Al-Razi sono stati distrutti. Le sue opinioni sulla religione in generale e sull’Islam in particolare gli costarono una condanna pubblica per blasfemia. Solo frammenti e spezzoni di sue refutazioni delle religioni rivelate sono rimasti, presenti in un libro critico nei suoi confronti scritto da un autore Ismaelita. Il coraggio di cui è stato capace è evidente esaminando, con l’aiuto di Kraus, Pines e Gabrieli, le sue 539 tesi principali:
Tutti gli uomini sono per natura ugualmente dotati della facoltà della ragione, che non deve essere disprezzata in favore della fede cieca; la ragione permette agli uomini di percepire meglio le verità scientifiche in maniera immediata. I profeti – questi “specchietti per le allodole dalle barbe lunghe”, così li definisce schernendoli Al-Razi – non possono affermare alcuna superiorità intellettuale o spirituale. Questi fantocci pretendono di venire con un messaggio di Dio, diffondendo le loro menzogne a destra e a sinistra, e imponendo alle masse cieca obbedienza alle “parole del loro signore”. I miracoli dei profeti sono imposture, basati sull’inganno, o le storie riguardo ad essi sono menzogne. La falsità riguardo a quello che tutti i profeti dicono è evidente nel fatto che si contraddicono a vicenda: l’uno afferma ciò che l’altro nega, e ciononostante ciascuno afferma di essere il solo depositario della verità; quindi il Nuovo Testamento contraddice la Torah, il Corano il Nuovo Testamento. Circa il Corano, non è altro che una mistura assortita di “favolette assurde e inconsistenti”, che è stata ridicolmente giudicata come inimitabile, quando, in pratica, il suo linguaggio, il suo stile e la sua tanto decantata “eloquenza” sono ben lontane dall’essere impeccabili. Costumi, tradizioni e pigrizia intellettuali portano gli uomini a seguire ciecamente i loro capi religiosi. Le religioni sono state la sola causa delle guerre sanguinose che hanno devastato l’umanità. Le religioni sono anche state risolutamente ostili alle speculazioni filosofiche e alla ricerca scientifica. Le loro cosiddette sacre scritture sono inutili e hanno fatto più male che bene, laddove “gli scritti degli antichi Platone, Aristotele, Euclide e Ippocrate hanno reso un servigio ben più grande all’umanità.”1
Le persone che si radunano attorno ai capi religiosi sono deboli o sono donne e adolescenti. La religione soffoca la verità e promuove l’inimicizia. Se un libro di per sé può costituire una dimostrazione che è vera rivelazione, i trattati di geometria, astronomia, medicina e logica possono giustificare una simile affermazione molto meglio del Corano, la cui trascendente bellezza letteraria, negata da Razi, era considerata dai musulmani ortodossi la dimostrazione della verità della missione di Maometto, 2
Sul confronto con i religiosi ha detto:
Se viene chiesto ai credenti di provare la solidità della loro religione, si infiammano, si arrabbiano e versano il sangue di chi li mette davanti a questa domanda. Essi proibiscono la speculazione razionale e si sforzano di uccidere i loro avversari. Questo è il motivo per cui la verità è stata completamente messa a tacere e nascosta. 3
Un altro illustre luminare del mondo Islamico è Abu Ali Sina (980–1037), meglio conosciuto con il nome di Avicenna, il cui maggior contribuzione alla scienza medica è stato il suo famoso libro al-Qanun, più in Occidente come il ‘Canone’. Il Qanun fi al-Tibb è un enorme enciclopedia di medicina che consta oltre un milione di parole. Grazie al suo approccio sistematico, alla perfezione formale e al suo valore intrinseco, il Qanun sostituì il Hawi di Razi, il Maliki di Ali Ibn Abbas e persino le opere di Galeno, e rimase incontrastato per sei secoli. Questo libro venne usato come testo per gli studenti di Medicina nell’Università di Bologna fino al XVII secolo.
La filosofia di Avicenna era basata su una commistione di Aristotelismo e Neo-Platonismo. Contrariamente al pensiero ortodosso Islamico, Avicenna negava l’immortalità personale, l’interesse di Dio verso gli individui e la creazione del mondo in un certo periodo di tempo. A causa delle sue posizioni, Avicenna divenne il bersaglio principale di un attacco rivolto alla filosofia da parte del giurista islamico al-Ghazali e fu persino definito un non credente (kâfir) e un apostata dell’Islam che poteva essere ucciso. 4
Nella nostra rassegna non può non essere ricordato Al-Ma’arri (973-1057), il più grande poeta della Siria. Tra i tre e i quattro anni contrasse il vaiolo che gli causò la perdita della vista, ma non dell’audacia. Chiamava la religione una “pianta allucinogena” e la definiva come una “favola inventata dagli antichi, inutile se non per sfruttare le masse di creduloni”. Il disprezzo di Ma’arri per tutte le religioni incluso l’Islam è chiaro dai versi seguenti:
Non supponete che le affermazioni dei profeti siano vere. L’uomo viveva confortevolmente fino a quando essi non vennero e rovinarono la vita. I ‘libri sacri’ sono solo un ammasso di fiabe senza senso che ogni era avrebbe potuto produrre, come nella pratica è stato. 5
Nel suo “Risalat al Ghufran” o “Epistola del perdono”, descrive un viaggio nell’aldilà. Lì, vede il Paradiso, pieno di pensatori e poeti pagani, e l’Inferno pieno di figure religiose, il tutto in contrapposizione con il Corano (Es. Sura 3 versetto 85) secondo cui solo i Musulmani possono trovare la salvezza.
Al-Ma’arri affermava che i monaci nei loro chiostri o i devoti nelle loro moschee seguivano ciecamente le credenze della loro località: se fossero nati tra magi o sabei sarebbero diventati maghi o sabei, dichiarando ulteriormente, in maniera audace, che:
gli abitanti della terra sono di due tipi: quelli con il cervello, ma senza religione, e quelli con la religione, ma senza cervello 6
E altrove:
Gli Hanif (Musulmani) incespicano, i Cristiani sono sviati
gli Ebrei errano nel nulla, i Magiani sono sulla via dell’errore.
Noi mortali ci dividiamo in due grandi scuole
I reietti illuminati o i folli religiosi. 7
Sui profeti scrisse:
I Profeti, anche loro, vengono tra noi per insegnare,
Sono coloro che predicano dal pulpito;
Essi pregano, e uccidono, e poi muoiono, e nonostante ciò
I nostri destini sono come i sassi della spiaggia.
Maometto o il Messia! Ascoltami,
La verità intera non è nè lì e nè qui;
Come potrebbe il nostro Dio aver fatto il sole e la luna
E dare tutta la sua luce ad Uno solo, io non riesco a capire. 8
Nella primavera del 2013, nella Siria laica di Bashar Hafiz al-Asad, i combattenti islamici di Jabhat al-Nusra hanno decapitato una statua a lui dedicata in quanto reo di miscredenza.
Non contenti, hanno fatto piazza pulita di tutto il materiale che lo riguardava che sono riusciti a trovare.
Un’altro grande studioso annoverato nella sfera delle menti illustri dell’islam medievale, è Omar Khayyam (1048–1131). Egli era uno dei più grandi matematici, astronomi, e poeti dell’Iran i cui Ruba’iyat (quartetti) sono tradotti nella maggior parte delle lingue del mondo e che gli hanno valso riconoscimenti ovunque. Khayyam era un filosofo epicureo, sdegnoso della religione e in particolare dell’Islam.
Edward Fitzgerald riassume la natura di Omar e della sua filosofia in questo modo:
“…l’Audacia Epicurea di Omar sia nel pensiero che nella parola gli causarono di essere visto con sospetto nel suo tempo e nel suo paese. Si diceva che fosse particolarmente odiato e temuto dai Sufi, le cui pratiche egli ridicolizzava, e le cui fedi non erano più grandi della sua, quando spogliate del misticismo e del riconoscimento formale dell’Islamismo sotto al quale Omar non si nascondeva.” 9
Il suo razionalismo arrivò fino a uno scetticismo cosmico radicale che lo spinse a dichiararsi “insoddisfatto del piano della Creazione”, con una radicalità quasi blasfema (che infatti gli valse la condanna di tutte le sue teorie, anche quelle matematiche, da parte del mondo sunnita ufficiale).
Khayyam non credeva in nessun mondo al di fuori di quello terreno. Era più preoccupato di godere dei semplici piaceri della vita che del confuso mondo dello sconosciuto. Era una agnostico per eccellenza e preferiva, piuttosto, la ricerca dell’anima attraverso i sensi e attraverso le cose che poteva vedere, invece che tribolare con vana inquietudine su ciò che non poteva vedere.” 10
Questi sono alcuni esempio dei quartetti di Omar tradotti da Fitzgerald:
Alcuni per le Glorie di Questo Mondo; ed alcuni
Singhiozzano per la venuta del Paradiso del Profeta;
Ah, prendi il Denaro, e lascia andare il Credito,
Non tener conto del rombo di un tamburo lontano!
Perché, tutti i Santi e i Saggi che discutono
Dei Due Mondi con così grande sapienza, sono mandati innanzi
Come folli Profeti; le loro Parole allo Scorno
Sono esposte, e le loro Bocche sono essiccate dalla Polvere.
Sognando quando la Mano Sinistra dell’Alba era nel Cielo
Ho udito una Voce dalla Taverna gridare:
‘Svegliatevi, Piccoli miei, e riempite la Coppa
Prima che il Liquore della Vita nella sua Coppa si secchi.’
Come le Quartine di Khayyam, tutta la grande letteratura araba tra il IX e il XII secolo è segnata dall’esaltazione dell’amore, dell’ebbrezza, spesso dalla presa in giro sarcastica dei precetti della sharia, e tutto questo veniva spesso accolto con favore, protetto, dal mecenatismo dei potenti e dei califfi, perché il contesto culturale che produsse il massimo di civiltà araba era appunto incardinato sul razionalismo e sul sincretismo, di cui il Mutazilismo era la massima espressione dottrinale.
Terminiamo questa sintetica rassegna citando uno dei più noti studiosi di cui i Musulmani amano vantarsi: Ibn Rushd.
Ibn Rushd è stato un importante filosofo e scienziato, noto nel mondo Occidentale con il nome di Averroé. Visse dal 1126 al 1198 in Andalusia e a Marrakesh. La sua influenza sul pensiero Europeo tende ad essere dimenticata tanto dagli Arabi quanto dagli Europei, ma nel 13esimo e 14esimo secolo l’Averroismo era influente quanto lo è stato il Marxismo nel 19° secolo. Ibn Rushd lavorò come mediatore tra il mondo Arabo e quello Occidentale commentando e interpretando filosofi Greci come Aristotele e Platone, rendendoli accessibili anche alla cultura Araba. In molti dei suoi lavori cerca anche di mediare tra filosofia e religione. I leader religiosi non hanno sempre lodato il suo lavoro per cui venne condannato per eresia dagli Islamici ortodossi e i suoi lavori vennero spesso banditi e bruciati.
Ibn Rushd venne chiamato a Marrakesh per lavorare come medico per il Califfo ma perse il suo favore a causa dell’opposizione che i teologi sollevarono contro i suoi scritti. Venne accusato di eresia, interrogato e bandito a Lucena, vicino a Cordova. Nello stesso momento, il Califfo ordinò che i suoi libri fossero bruciati, con l’eccezione dei suoi lavori di medicina, artimetica ed astronomia elementare.
Abu Yaqub, il Califfo del Marocco, lo chiamò nella sua capitale e lo nominò suo medico al posto di Ibn Tufail. Suo figlio Yaqub al-Mansur lo lasciò in carica per qualche tempo ma presto le posizioni di Ibn Rushd sulla filosogia e la teologia gli costarono l’ira del Califfo. Tutti i suoi libri, tranne quelli prettamente scientifici, vennero bruciati ed egli venne nuovamente esiliato a Lucena. Ciononostante, in conseguenza dell’intervento di diversi studiosi venne perdonato dopo circa quattro anni e richiamato in Marocco nel 1198. Morì verso la fine dello stesso anno.
Da queste testimonianze appare chiaro che bisogna fare non solo attenzione, ma analizzare criticamente la questione quando le più grandi menti vissute durante la cosiddetta età dell’oro dell’islam vengono automaticamente associate alla religione islamica. Come abbiamo potuto constatare da questi esempi (ne potremmo fare molti altri), i grandi studiosi dell’epoca araba medievale che impropriamente vengono usati per dimostrare la possibilità di una perfetta sintonia tra Islam e progresso, spesso non erano veri Musulmani e in alcuni casi non lo erano affatto. Ciononostante quei “musulmani ortodossi” che li hanno perseguitati quando erano in vita, oggi non si vergognano di arruolarli tra le loro fila; ora che sono morti e non possono parlare per dissociarsi.
Gli apologisti Islamici si vantano di questi luminari e cercano di guadagnare consenso e credibilità. Tutto quello che continuano a ripetere è : “come potevano sbagliarsi queste grandi menti?”. Già, infatti criticavano l’Islam…
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1. Article al-Razi in EI1; Gabrieli.
2. CHI Vol 2B, p. 801.
3. Jennifer Michael Hecht – Doubt: A History: The Great Doubters and Their Legacy of Innovation from Socrates and Jesus to Thomas Jefferson and Emily Dickinson (pg. 227-230) – HarperOne, September 7, 2004, ISBN 9780060097950
4. The Incoherence of the Philosophers / Tahâfut al-falâsifa, a Parallel English-Arabic Text, M. E. Marmura (ed. and trans.), 2nd. ed., Provo (Utah): Brigham Young University Press, pag. 226.
5. James Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics, Part 2, page 190. Kessinger Publishing.
6.The Poetry of Abu’l-Ala Al-Maarri.
7. Reynolds Nicholson, 1930:318.
8. Ma’arrat al-nu’man, The Luzumiyat, strofa 35
9. Edward FitzGerald’s Rubáiyát of Omar Khayyám: A Famous Poem and Its Influence, a cura di William Henry Martin, Sandra Mason, Anthem Press, pag. 74.
10. Edward FitzGerald, Rubáiyát of Omar Khayyám: A Critical Edition, Christopher Decker, pag. 31.