Mussolini filo-islamico o strategia politica?
Mussolini filo-islamico? No, strategia politica.
Si è molto parlato, e spesso speculato, sul presunto filo-islamismo di Benito Mussolini. Gli argomenti sono noti: il Duce «spada dell’Islam», il sostegno più o meno diretto ai movimenti anti-colonialisti in Medio e Vicino Oriente, la comune avversione per l’ebraismo…
In realtà, già menzionando questi leit-motiv, si comprendono tutti i limiti e la funzionalità del cosiddetto filo-islamismo mussoliniano.
I primi anni della politica estera fascista non furono particolarmente dinamici tanto a causa della situazione internazionale, tendenzialmente statica, quanto a motivo del contesto italiano: i due punti fermi furono la realizzazione di una politica di sicurezza in Europa e di una politica di espansione nel Mediterraneo orientale e, soprattutto, in Africa.
Questa linea partiva dal presupposto dell’amicizia sia con l’Inghilterra che con la Francia: un migliore assetto europeo ed una maggior estensione della presenza coloniale italiana erano obiettivi che Mussolini riteneva dovessero essere perseguiti tramite una politica di accordi con queste due potenze (non solo europee, ma mondiali, visto il possesso di un impero coloniale).
Visto che il tradizionale sfogo dell’esuberanza demografica italiana, ovvero l’emigrazione negli Stati Uniti, a causa di una serie di provvedimenti molto ristrettivi, era ormai precluso, l’intento del Duce del fascismo fu quello di dirigere la popolazione nei territori africani.
Questo progetto trovò iniziale realizzazione con l’Inghilterra, ma non con la Francia. In occasione della vertenza con l’Etiopia, sfociata nel famoso conflitto italo-abissino e nelle sanzioni della Società delle nazioni, anche con la Gran Bretagna i rapporti si guastarono significativamente.
La popolazione musulmana presente nelle colonie inglesi e francesi dell’epoca era considerevole.
Sia in un’ottica di promozione dell’espansione italiana in Africa che nell’intento di danneggiare l’egemonia anglo-francese anche in Medio e Vicino Oriente, soprattutto nel Mediterraneo, la leva delle rivendicazioni antibritanniche ed antifrancesi provenienti dagli autoctoni non poteva lasciare indifferente Mussolini. Questa leva, per un determinato periodo, comprese persino le aspirazioni degli ebrei sionisti alla creazione di un focolare nazionale, quando non di un vero e proprio Stato, in Palestina, come del resto testimoniano i rapporti intercorsi tra Chajm Weizmann e l’allora Duce del fascismo. Persino alla vigilia dell’emanazione delle leggi razziali, anche se escludendo la sua collocazione in Palestina, il governo fascista dichiarò pubblicamente, nella nota Informazione diplomatica n. 14, che sarebbe stato opportuno creare uno stato nazionale ebraico.
Era perciò naturale che Mussolini, anche nei confronti del mondo arabo-musulmano, soprattutto se soggetto al dominio inglese e francese, mostrasse non solo comprensione ma anche benevolenza. Si deve tener presente, inoltre, che all’epoca l’indipendentismo arabo era prevalentemente segnato dall’adesione al baathismo, un’ideologia nazionalista laica, che nei confronti delle minoranze cristiane presenti in quei luoghi aveva un atteggiamento positivo e traeva ispirazione dagli stessi fascismi europei. Non è un caso che a tale ideologia si rifacesse il regime di Saddam Hussein in Iraq e vi si rifaccia tutt’oggi il regime di Assad in Siria: al di là del giudizio che si può avere su queste due figure, non si può non ammettere come entrambi abbiano riconosciuto e tutelato le minoranze cristiane nelle rispettive nazioni in maniera molto maggiore rispetto agli altri contesti islamici.
Decisivo nell’atteggiamento di Mussolini nei confronti dell’Islam fu anche la massiccia presenza di musulmani nelle colonie italiane, soprattutto in Libia e in Somalia. Esigenze di stabilità interna imponevano un approccio che non irritasse la popolazione locale, anche per distinguere il colonialismo italiano da quello franco-inglese, dipinto dalla propaganda fascista come rapace e sfruttatore, a differenza di quello nostrano, descritto come improntato alla ricerca di nuove terre da redimere per dare lavoro ai nostri bisognosi e all’elevazione civile dei colonizzati.
Bisogna segnalare che quando al dominio italiano veniva opposta la più fiera e decisa resistenza, come nel caso di Omar al-Mukhtar in Libia, Mussolini non andava giù per il sottile. La repressione della guerriglia islamica (Omar al-Mukhtar era un leader religioso locale) in Libia, pur attuata da Graziani anche in collaborazione con elementi locali, fu molto dura e terminò con l’esecuzione del capo dei ribelli.
Il conferimento della famosa «spada dell’Islam» a Mussolini fu quindi possibile solamente anni dopo e previa una decisa chiarificazione su chi, benevolente o meno, avesse il coltello dalla parte del manico. La visita del Duce durante la quale venne a lui consegnato il riconoscimento, fatto generalmente ignorato, non comportò solamente la visita ai luoghi sacri all’Islam, ma anche ai luoghi di culto cattolici ed ebraici. Del resto, era davvero curioso che come protettore di una religione con un rigido ed esclusivistico monoteismo anti-trinitario si proclamasse proprio uno che, a tutti gli effetti, era un infedele. Anche se il diario di Ciano parla di un certo favore che avrebbe incontrato nel Duce una proposta di edificazione di una moschea in Italia, in seguito alla conquista dell’Albania (paese prevalentemente musulmano), poi caduta nel vuoto, nelle memorie di Bastianini viene riportata invece la contrarietà di Mussolini all’ipotesi di costruzione di un luogo di culto islamico in Italia a causa di un’assenza di reciprocità in merito.
Merita infine di essere menzionata la politica generalmente, per quanto non illimitatamente, favorevole all’attività delle missioni cattoliche nei paesi coloniali africani. In particolar modo, si distinse De Vecchi come governatore coloniale italiano della Somalia, paese di fede musulmana. Il quadrumviro, infatti, non solo diede efficace supporto ai Padri della Consolata di Torino nella loro attività evangelizzatrice, ma fu il primo governatore nella storia d’Italia a togliere in Somalia il divieto di portare in pubblico qualsiasi segno di appartenenza religiosa alla fede cattolica per non urtare i musulmani locali. È famosa la consacrazione, che avvenne nel marzo 1928, della cattedrale di Mogadiscio, alla presenza dell’arcivescovo e di tutte le autorità civili e militari italiane.