L’incredibile conquista di Otranto – Storia di ordinari massacri islamici
Nel 1480 Otranto venne conquistata dai Turchi sotto il comando del pascià Gedik Ahmed, inviato dal sultano Maometto II, molto abile e crudele, per estendere il regno dell’Islam in Italia ed in Europa. Avvertito dei preparativi turchi, il re di Napoli cercò di presidiare le coste pugliesi, tra cui Otranto. Ma il 28 luglio 1480 l’armata ottomana giunse a Otranto e iniziò quella che poi sarà definita la Battaglia di Otranto.
28-LUGLIO-1480
Nella guerra d’Otranto (1480-81) c’era Gedik Ahmed Pascià, uno dei più formidabili fra i generali ottomani, da poco elevato alla carica di ‘sançak bey’ di Valona in Albania (cioè governatore del sangiaccato di Valona; un sangiaccato é parte di una provincia). In questo giorno sferrò per ordine del sultano Maometto II un grande attacco all’Italia.
Maometto II prese a pretesto presunti diritti da parte dei turchi all’eredità dei principi di Taranto. La verità è che il sultano pare ambisse a conquistare Roma e l’Italia, come pure a distruggere il potere del re di Napoli Ferrante colpevole di avere aiutato gli insorti albanesi.
Non é chiaro esattamente a quanto ammonti la forza della spedizione: le fonti parlano di una flotta che va dalle 70 alle 200 navi con a bordo fra i 18.000 e i 100.000 turchi. Grazie alla cinica neutralità di Venezia, l’attraversamento del Canale di Otranto fu tranquillo. La scelta della città di Otranto come luogo dello sbarco fu naturale: era la città più vicina alle coste albanesi e soprattutto era un ottimo porto per la flotta turca. Ai primi momenti dello sbarco vi furono isolate scaramucce fra i soldati della guarnigione otrantina e le forze nemiche che sbarcavano, ma ben presto i soldati, intimiditi dal continuo accrescersi della potenza del nemico, si rifugiarono fra le mura.
29-LUGLIO-1480
La guarnigione insieme a tutti gli abitanti abbandona il borgo in mano ai turchi e si ritirano nella cittadella, cioè nel Castello d’Otranto. Venne chiesta da Ahmed Pascià la resa, ma i difensori respinsero immediatamente la richiesta.
11-AGOSTO-1480
La cittadella, sprovvista di cannoni e le cui mura vengono continuamente colpite dalla formidabile artiglieria ottomana, dopo due settimane di disperata resistenza nella vana attesa di soccorsi da parte del re e di suo figlio Don Alfonso duca di Calabria (da cui dipendeva la città), viene espugnata dai turchi. Si consuma un terribile massacro: tutti i maschi con più di quindici anni vengono uccisi mentre le donne e i bambini sono ridotti in schiavitù (secondo alcuni i morti furono 12.000 e gli schiavi 5000, ma é dubbio che la città avesse tanti abitanti). Una delle carneficine più terribili avvenne nella cattedrale dove tutto il clero e i molti civili ivi rifugiatisi vennero sterminati (dopo la chiesa in segno di ulteriore spregio fu ridotta a stalla per i cavalli).
Particolarmente tragico fu il destino dell’arcivescovo Stefano Pendinelli e del comandante della guarnigione, il conte Francesco Largo: vennero letteralmente segati vivi. Da queste terribili stragi la città non si riprenderà mai più diventando una località marginale rispetto a Lecce.
12-AGOSTO-1480
Si consuma il secondo atto della tragedia: 800 otrantini che si sono rifiutati di abiurare alla fede cattolica vengono trascinati sul Colle della Minerva e lì decapitati. Riconosciuti ufficialmente martiri dalla chiesa e le loro ossa si trovano in sette grandi armadi in legno nella Cappella dei Martiri ricavata nell’abside destro della cattedrale di Otranto (altri loro resti sono nel Duomo di Napoli). Sopra il Colle della Minerva si trova ora una chiesetta a loro dedicata, Santa Maria dei Martiri.
I Fatti: “Il Martirio”
Akmet Pascià radunò i superstiti dai quindici anni in su e, attraverso un interprete, fece loro la proposta: “O rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce”. Ed uno di essi, tal Antonio Primaldo Pezzulla, cimatore di panni, rispose: “Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anzichè rinnegarlo”. E poichè uno soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su che cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: “In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anzichè abbandonare Cristo e la fede in Lui” (dai “Commenti sull’Apocalisse” di Pietro Colonna detto il Galatino Presbitero – Cod. Vat. Lat. 5567, foll. 147-148). Ottocento volte “no”! L’orrenda carneficina ebbe inizio sul Colle della Minerva proprio da Antonio Primaldo, decapitato per primo. Il suo tronco rimase in piedi fino alla conclusione dell’eccidio questo fatto provocò la conversione del carnefice Berlabei, condannato poi all’impalazione.
FINE AGOSTO -1480
Dopo la presa di Otranto Ahmed Pascià compie una manovra diversiva al fine di disorientare il comandante delle truppe aragonesi Don Alfonso duca di Calabria: attacca dal mare con 70 navi la città di Vieste nel Gargano, che viene messa a ferro e fuoco.
12-SETTEMBRE-1480
I turchi incendiano la chiesetta di Santa Maria di Merino a sette chilometri da Vieste (era tutto ciò che già allora rimaneva di quell’antico borgo): essa custodiva la Madonna di Merino (scultura in tiglio scolpita fra il XIV e il XV che pare sia la parte superstite di un gruppo raffigurante l’Annunciazione) che si diceva fosse stata trovata da alcuni marinai sul lido di Scialmarino ed era immediatamente diventata oggetto di venerazione in tutto il territorio di Vieste e meta di frequenti pellegrinaggi.
OTTOBRE -1480
Gedik Ahmed pascià ripassa il Canale di Otranto con gran parte delle sue truppe dopo aver ripetutamente devastato con continue scorrerie i territori di Lecce, Taranto e Brindisi lasciando a Otranto soltanto una guarnigione di 800 fanti e 500 cavalieri. Nella sua decisione deve aver pesato anzitutto le difficoltà nello sfamare un’esercito così grande in una regione non ricchissima come il Salento, come anche la pressione crescente delle forze aragonesi finanziate dal denaro fiorentino e supportate attivamente dal Papa Sisto IV che proclamò una crociata contro i turchi. Ma é certo che il pascià pensasse di ripassare lo stretto l’anno dopo, e pure i cristiani ne erano convinti: infatti per tutto l’inverno il terrore in Italia rimase altissimo, con continue voci che parlavano di un abbandono di Roma da parte del Papa.
1-MAGGIO-1481
I cristiani mettono il campo vicino ad Otranto; il campo dispone di formidabili apparati di difesa garantiti dal ‘Maestro Ingegnere del duca d’Urbino Ciro Ciri e dal francese Pietro D’orfeo. La città e stretta d’assedio sia per terra che per mare.
4-MAGGIO-1481
Avviene un fatto decisivo per l’esito dell’assedio: muore a soli 52 anni il grande sultano Maometto II il Conquistatore. E a lui che si deve la sottomissione di tutti i Balcani (meno la Dalmazia veneziana e la Croazia ungherese) come di tutta l’Anatolia, ma soprattutto la conquista di Costantinopoli, da lui trasformata nella nuova capitale dell’impero (in precedenza era Adrianopoli).
Il sultano costruì durante il suo dominio una flotta e un esercito di una tale potenza da far tremare l’Europa; particolarmente devastante la sua artiglieria, che non temeva confronti con quella delle potenze occidentali. Anche per questo la notizia della sua morte fu accolta con universale sollievo da parte di tutti i cristiani, sollievo accresciuto dalla notizia di una guerra civile fra due figli di Maometto II, i fratellastri Cem (sostenuto dalla corte e dal Gran Visir) e Bayazid (appoggiato dai giannizzeri). Gedik Ahmed Pascià che si apprestava a sbarcare in Italia appoggiò subito colui che sarebbe stato il futuro sultano Bayazid II e gli chiese supporto per la spedizione in Italia, ma Bayazid, non fidandosi di lui, lo richiamò a Costantinopoli dove lo fece imprigionare (in seguito per ordine del sultano fu assassinato il 18-11-1482 ad Adrianopoli).
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Otranto, 1480, nella cronaca di Ibn Kemal (nato a Edirne e morto a Istanbul nel 1534), cronista e testimone oculare) della conquista di Otranto, in Storie della Casa di Osman, vergate su commissione del sultano Bayezid II: [Dalla Puglia], in cui ogni angolo è pieno d’oro e d’argento […] trassero tanti schiavi e schiave i quali […] avevano visi più puliti delle acque e occhi fonte di bellezza, e di cui era impossibile stimare il valore. Se di tutto questo ottenuto si togliesse un quarantesimo, diventerebbe un tesoro per i mendicanti di tutto il mondo. Ne presero tanto che ad esprimere e a scrivere non resisterebbero la lingua e le dita. Nel luogo soprannominato c’erano molte opere rare, paesi, città grandi ed ognuno aveva nei suoi dintorni una campagna prospera e una infinità di villaggi. […] Alli 28 del mese di luglio, di venerdì mattina, Ahmed Pascià se rapresentò in Otranto con galere ventiquattro, galeotte e fuste 78 e pantanaree 30 [132 navi] con li quali portò 400 cavalli e 16.000 fanti, nove grosse bombarde, cerbottane ed altre sorte diverse d’artigliaria […] al numero di 400; e discesi li cavalli in terra, subito discorsero per la provincia e […] fero grandissima preda, saccheggiando e abbrugiando molti casali ed amazzando molta gente. [...] gli infedeli pessimi, fuggiti, entrarono nel castello e chiudendo la porta del castello aprirono il portone della guerra. […] I cannoni […] respiravano come bocche di giganti […] [e] quando alcuni […] fra i soldati infedeli come diavoli volevano farsi vedere, palle di pietra portavano via le loro teste e i loro corpi rimanevano attaccati accanto alle mura […]. La pianura accanto alla città si era trasformata in un mare di ondate di ferro; con il luccicare dei terrapieni e con lo splendore dei caschi di acciaio si erano congelati nel cielo la luna e il sole. Ahmed Pascià […] ordinò agli eroi di andare contro il nemico […]; gli eroi si infuriarono come il Nilo […] e attaccarono con le spade sguainate che ardevano come fiamme spegnendo con le spade il fuoco dei corpi vili di quegli infedeli […] cani da inferno, e atterrarono quegli orgogliosi con la punta delle lance […]. Quei perfidi […] quei vili [gli otrantini] si spensero come arbusti presi dal fuoco […]. Dei cadaveri dei soldati di ponente [ossia occidentali, quindi gli otrantini] era pieno il campo di battaglia […]. Sconfitto il nemico perfido, i vincitori, soldati combattenti per la vittoria dell’Islam, […] dei prigionieri vendettero alcuni e alcuni li uccisero. I soldati dell’Islam, combattuto per un po’ di giorni con quelli di fede errata [l’eccidio come è noto avvenne fra il 12 e il 14 agosto 1480], avendo trasformato in un cimitero la città agli occhi degli infedeli perfidi, con la forza presero la fortezza; [ciò avvenne l’11 agosto] nell’interno, spazzarono via tutto e ottennero migliaia di prigionieri, donne, bambini, vecchi, giovani […]. Poiché quei miserabili dal carattere di scorpione [sono gli ottocento Martiri] non erano disposti a convertirsi alla vera religione, presero di mira con le frecce i loro petti pieni di rancore. Mandando al fuoco dell’inferno, con la spada, gli infedeli di quel luogo.