Islam e schiavitù

Ci sono molte persone di colore che credono che l’attacco accanito degli arabi all’’Occidente collimi con la causa africana.

Questo spinge parecchi afro-araibici e afro-americani a convertirsi all’’Islam. Secondo le ricerche, questi nuovi islamici si sono convertiti principalmente perché avevano l’idea che l’’Islam fosse una religione di “fratellanza” e di uguaglianza. Molti di loro credevano che l’’Islam non avesse problemi razziali e che non fosse coinvolto nella tratta degli schiavi. ‘

Ma tutto questo è vero? Queste pretese sono valide alla luce della storia? NO.

La schiavitù nelle fonti islamiche

I primi scrittori musulmani delle tradizioni islamiche (che sono state redatte abbastanza tardi, cioè fra il nono e il decimo secolo d.C.) ammettono che già al tempo di Maometto era appropriato propagare l’Islam tramite conquiste militari con l’obiettivo di raggiungere il controllo politico e militare nei territori conquistati.

Quando i primi leader della conquista araba (cioè Abu Bakr, Umar e altri) invadevano i paesi, la storia dimostra che gli abitanti innocenti potevano scegliere se essere dominati oppure essere uccisi.

Lo stesso Corano comanda ai musulmani: “…uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati…” (9:5). Inoltre, contrariamente al Nuovo Testamento (che lo fa implicitamente), non condanna il principio della schiavitù; quest’ultima è un’istituzione ritenuta naturale o, tutt’al più, che si inscrive senza alcun salto logico nell’ordine del mondo e delle realtà umane, voluta e creata da Dio (16:71; 30:28). Lo schiavo, semplicemente, non è stato beneficiato da Dio degli stessi diritti delle altre persone. L’ineguaglianza originale della condizione umana, secondo il Corano, è di istituzione divina.

I compilatori musulmani del tardo nono secolo ammettono francamente che Maometto fosse un condottiero militare. Mentre le prime descrizioni della vita di Maometto dicono poco della sua attività profetica, abbondano di racconti delle sue battaglie. Al-Waqidi (morto nell’’820) stima che Maometto fosse coinvolto personalmente in 19 delle 26 battaglie (Al-Waqidi 1966:144). Ibn Athir dice che il numero era 35 (Ibn Athir, pag.116), mentre Ibn Hisham (morto nel 833) lo valuta a 27 (Ibn Hisham, pag.78).

Il consiglio bellico di Maometto ai suoi seguaci fu questo: “Gareggiate con me in fretta per invadere la Siria, forse avrete le figlie di Al Asfar” (Al-Waqidi 1966:144). C’è da osservare che Al Asfar era un LIBERO uomo d’affari africano con figlie bellissime, fino al punto che “la loro bellezza era diventata proverbiale” (Al-Waqidi 1966:144).

Di conseguenza, i poveri discepoli di Maometto non rimasero poveri per molto tempo. Diventarono straricchi con i bottini di guerra, e accumularono molti animali e SCHIAVI, nonché molto oro (Mishkat, Volume II, pag.251-253, 405-406).

Non c’è da meravigliarsi che Ali Ibn Abu Talib si millantava dicendo: “I nostri fiori sono la spada e il pugnale. Narcisi e mirti non sono nulla; la nostra bevanda è il sangue dei nostri nemici, il nostro calice è il loro cranio dopo averli combattuti” (Tarikh-ul Khulafa, pag.66-67).

Non sorprende che il Corano echeggia questo pensiero dicendo: “Quando (in combattimento) incontrate i miscredenti colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati,…” (47:4) e “Combattete coloro che non credono in Allah …, e quelli, tra la gente della Scrittura (cioè i giudei e i cristiani)…” (9:29).

La schiavitù nella storia dell’islam

Mentre l’’Islam e la cultura araba dilagavano in Africa (oltre che nel subcontinente indiano, nella Transoxiana, nella penisola ibeica, nella penisola balcanica e in Sicilia), si diffondevano anche lo schiavismo e il genocidio culturale. Si cominciava a fare guerre per avere schiavi africani. Kumbi Kumbi, la capitale del Ghana, fu distrutta dagli invasori musulmani nel 1076. Il Mali aveva una “mafia” musulmana che “incoraggiava” i re africani del Mali ad abbracciare l’’Islam. Questa “mafia” controllava le importantissime carovaniere e i porti commerciali dell’’Africa. I musulmani riuscirono a impadronirsi dei posti più importanti nel governo e cominciarono a cambiare la storia antica del Mali in modo che gli eventi preislamici fossero cancellati. Per ragioni di sicurezza, il governo ganaense dei Mossi, che era conscio del potere dei commercianti musulmani, istituì un dipartimento governativo per controllare lo spionaggio musulmano (Davidson, Wills e Williams).

La tratta islamica degli schiavi si svolgeva anche intorno al Lago di Ciad negli stati musulmani di Bagirmi, Wadai e Darfur (O’ Fahley e Trimmingham 1962:218-219). Nel Congo, i negrieri Jallaba commerciavano con i Kreish e con gli Azande, un popolo nel nord (Barth e Roome). Ugualmente frequentata era la rotta che seguiva lo spartiacque tra il Nilo e il fiume Congo, dove i negrieri arabo-musulmani (per esempio Tippu Tip del Zanzibar) arrivavano dalle zone orientali dell’Africa (Roome 1916, e Sanderson 1965).

Nell’’Africa orientale, i promotori del commercio degli schiavi erano i popoli Yao, Fipa, Sangu e Bungu, che erano tutti musulmani (Trimmingham 1969 e Gray 1961). Sulla riva del Lago Nyasa (ora chiamato Lago di Malawi) fu istituito nel 1846 il sultanato musulmano di Jumbe con lo scopo preciso di favorire il commercio degli schiavi (Barth 1857 e Trimmingham 1969). Nel 1894 il governo britannico valutò che il 30 per cento della popolazione di Hausaland fosse costituito da ex schiavi. Era così anche nell’Africa occidentale francese fra il 1903 e il 1905 (Mason 1973, Madall e Bennett, e Boutillier 1968).

L’ignoranza sulla storia dello schiavismo islamico

Gli africani moderni hanno per troppo tempo praticato l’amnesia selettiva riguardo lo schiavismo islamico. Le persone di colore hanno sempre messo l’’enfasi sul commercio transatlantico degli schiavi, ma stranamente continuano ad ignorare la molto più duratura e devastante tratta arabo-musulmana degli schiavi in Africa.

Non si sente quasi mai parlare degli africani che erano costretti a migrare a causa delle incursioni dei negrieri musulmani dall’’est, dall’’ovest e dal nord dell’’Africa già dal settimo secolo. Gli schiavi africani, trasportati per via nave da Zanzibar, Lamu e altri porti est africani, non erano portati in Occidente (come molti musulmani vogliono farci credere), ma finivano in Arabia, in India e in altri stati musulmani asiatici (Hunwick 1976, e Ofosu-Appiah 1973:57-63). Rapporti non ufficiali valutano che oltre 20 milioni di africani sono stati venduti come schiavi dai musulmani fra il 650 e il 1905 (Wills 1985:7)! È interessante notare che la maggioranza di questi 20 milioni di schiavi non era costituita da uomini, ma da donne e bambini che sono più vulnerabili (Wills 1976:7).

I teologi musulmani, come il famoso Ahmad Baba (1556-1527), sostenevano che

“…la ragione dello schiavismo imposto ai sudanesi è il loro rifiuto di credere … (Perciò) è legale impossessarsi di chiunque venga catturato come miscredente … Maometto, il profeta, ridusse in schiavitù le persone perché erano Kuffar … (È dunque) legale avere in possesso gli etiopi …” (Baba pag.2-10).

Hamid Mohamad (alias “Tippu Tip”), che è morto nel 1905, era uno dei più affaccendati negrieri di Zanzibar. Ogni anno vendeva oltre 30.000 africani (Lewis pag.174-193 e Ofosu-Appiah 1973:8). Alla sua morte, egli aveva accumulato sette piantagioni e circa diecimila schiavi. Il suo harem era costituito da innumerevoli mogli.

È importante ricordarsi che in Zanzibar la schiavitù venne ufficialmente dichiarata illegale nel 1897, per volere del Regno Unito.

In Mauritania la tratta non è stata ufficialmente dichiarata illegale prima dell’’anno 1981, ma come nel caso del Sudan continua persino fino oggi secondo un rapporto dell’’ONU del 1994 (vedi qui e qui). Tutti questi esempi riguardano lo schiavismo islamico.

Consapevolezza verso la storia passata e moderna della schiavitù islamica

I fatti soprannominati vengono generalmente sorvolati, ignorati o dimenticati nella letteratura di oggi, semplicemente perché non è “politicamente corretto” parlarne. Sarebbe un atto di onestà intellettuale rivalutare il ruolo dell’’imperialismo europeo del diciannovesimo secolo riconoscendo che esso, malgrado la “stampa nemica” che lo dipinge come un fatto totalmente negativo, è stato una delle poche forze che hanno ostacolato l’’imperialismo arabo-musulmano nel continente africano con tutti i problemi enormi che ne conseguivano. Gli arabo-musulmani di oggi screditano il colonialismo occidentale senza considerare o discutere l’’argomento della loro sordida storia nel continente.

Conclusioni

Questo è stato un breve riassunto dello schiavismo islamico in Africa. I compilatori del Corano e i successori musulmani ammettono che la guerra e la tratta degli schiavi fossero i mezzi più efficaci per impadronirsi di nuovi ed indipendenti paesi in Africa. Questa teologia ha danneggiato gravemente non soltanto la vita familiare africana, ma anche l’’antica eredità cristiana in Africa e lo sviluppo economico fino al giorno d’oggi. L’’Islam ha attaccato deliberatamente prima le donne e i bambini, la parte più vulnerabile e importante della popolazione africana. Gli uomini che non sono stati venduti come schiavi sono semplicemente stati uccisi. La colonizzazione e lo schiavismo islamici sono cominciati oltre 1000 anni prima della più recente e breve tratta europea e transatlantica (Hughes 1922:49). Molte culture africane, sia pagane che cristiane, sono state distrutte. Perché?

Inoltre, perché i musulmani non protestano contro la schiavitù imposta agli africani nel Sudan odierno, e perché non la fermano? Il loro silenzio è molto eloquente! Mentre gli schiavi nei paesi occidentali sono stati liberati secoli fa, gli africani si chiedono per quanto tempo lo schiavismo durerà ancora nel continente africano.

Articolo originale qui.

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