Bloggando il Corano: Sura 6, “Il Bestiame”, Versetti 1-83

Commento al Corano: Sura 6, “Il Bestiame”, Versetti 1-83
di ROBERT SPENCER (23, Settembre, 2007)

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Dopo cinque capitoli in cui si accusavano i miscredenti, la sesta Sura (Il Bestiame) spende la maggior parte del tempo… accusando i miscredenti. State cominciando a notare uno schema???

La sesta Sura del Corano, “Il Bestiame”, risale all’ultimo anno di Maometto alla Mecca, prima dell’Egira (Hijra o Fuga) a Medina durante il dodicesimo anno della sua carriera profetica. A Medina divenne per la prima volta un capo politico e militare, come pure un capo religioso; alla Mecca era stato soltanto un predicatore del suo nuovo intransigente monoteismo, in un’atmosfera di crescente antagonismo con la sua stessa tribù, i Quraysh, che erano pagani e politeisti. La Sura 6 mostra preoccupazione per questo antagonismo e ci presenta Allah che, tra imprecazioni contro i non credenti, consola Maometto per il rifiuto del suo messaggio da parte dei Quraysh.

I Versetti 1-12 riaffermano che i miscredenti hanno respinto la verità del loro Creatore. Allah ammonisce: “Ma non vedono quanti di coloro che li hanno preceduti Noi abbiamo distrutto? (v. 6)”. Allah deride la loro miscredenza, dicendo che se avesse mandato a Maometto “un messaggio scritto su pergamena” gli increduli lo avrebbero respinto come “un’evidente magia” (v. 7), e se avesse mandato un angelo in forma umana, sarebbero solo rimasti confusi (v. 9). Nulla li soddisfa: essi sono intrinsecamente perversi.

I Versetti 13-32 poi, enfatizzano l’unicità di Allah, e asseriscono che “coloro a cui demmo il Libro” – cioè Ebrei e Cristiani – “lo sanno” – cioè la veridicità del messaggio di Maometto – “come loro conoscono i loro stessi figli” (v. 20). Ciò perché, dice Ibn Kathir,

ricevettero la buona novella dai Messaggeri e dai Profeti precedenti riguardo l’arrivo di Maometto, i suoi attributi, la sua patria, la sua emigrazione e la descrizione della sua Ummah.

Cioè, la loro incredulità verso l’Islam non è un rifiuto sincero, basato su un convincimento onesto, ma pura perversità: essi “mentono contro le loro stesse anime” (v. 24).

E non c’è nulla peggiore di questo. Nulla. Allah chiede:

Chi ha commesso ingiustizia peggiore di chi ha inventato bugie contro Allah o ha rifiutato i Suoi segni? (v. 21)

“Segni”, ancora una volta, è ayat, il termine usato per indicare i Versetti del Corano. Questo versetto enfatizza che non c’è peggior peccato del shirk, l’associazione di compagni ad Allah. Il Tafsir al-Jalalayn dice:

E chi, cioè nessuno, commette crimine maggiore di colui che inventa menzogne contro Dio, accostandogli dei soci, o nega i Suoi segni?

Non esiste nessun maggior crimine.

Nel 1977, la newsletter “Invito all’Islam” affermava:

Omicidio, stupro, pedofilia, genocidio. Questi sono alcuni degli orrendi crimini che avvengono oggi nel nostro mondo. Molti potrebbero pensare che questi sono i peggiori delitti che potrebbero essere commessi. Ma c’è qualcosa che supera tutti questi delitti messi insieme: è il peccato di shirk.

Alcune persone potrebbero mettere in discussione questa nozione. Ma quando esaminato nel contesto corretto, il fatto che non ci sia crimine peggiore del shirk sarà evidente ad ogni persona onesta.

Non c’è dubbio che i crimini sopra ricordati sono terribili, ma il loro confronto col shirk mostra che essi non hanno grande importanza a fronte di questo travisamento. Quando un uomo uccide, stupra o ruba, l’ingiustizia commessa è principalmente diretta contro un altro essere umano. Ma quando un uomo commette shirk, l’ingiustizia è rivolta contro il Creatore del cielo e della terra : Allah. Quando una persona è uccisa, vengono date tutta una serie di motivi e di spiegazioni. Ma una cosa che l’assassino non può invocare, è che la vittima fosse qualcuno che lo aveva nutrito, ospitato, vestito o che gli aveva dato tutte quelle altre cose che sostengono l’umanità in questa vita.

E ancora, coloro che commettono il peggiore di tutti i peccati, lo fanno perché Allah “ha lanciato veli sui loro cuori”, in modo che non comprendano il messaggio di Maometto (v. 25). Il fuoco dell’inferno li attende (vv. 26, 30).

I Musulmani devono fare attenzione a non dare troppa importanza alle cose di questo mondo, poiché “Che cosa é la vita di questo mondo se non gioco e divertimento?” (v. 32). Il Tanwîr al-Miqbâs min Tafsîr Ibn ‘Abbâs, dice:

Ma non capite che questo mondo è evanescente e che solo l’Aldilà dura per sempre?

Molti non lo capiscono.

Nei Versetti 33-73 Allah consola Maometto per il rifiuto del suo messaggio da parte degli increduli: “Noi conosciamo bene l’angoscia che le loro parole ti causano” (v. 33), ma loro sono “sordi e muti” (v. 39), e non crederebbero anche se vedessero grandi miracoli (vv. 35, 37). Il fatto che Allah, in un libro perfetto esistito da tutta l’eternità, sia così premuroso col Suo profeta e preoccupato per la sua angoscia per essere stato respinto, per un devoto Musulmano è solo un’ulteriore conferma dell’importanza di Maometto e della sua condizione di preminenza. La sollecitudine di Allah per Maometto divenne il trampolino per l’esalazione di Maometto nella tradizione mistica dell’Islam. Il mistico Sufi, il Persiano Mansur Al-Hallaj (858-922) disse che Allah

non creò nulla che fosse a Lui più diletto di Maometto e la sua famiglia

Il poeta Persiano Rumi (Jalal al-Din Muhammad Rumi, 1207-1273) disse che il profumo delle rose era quello del sudore del Profeta dell’Islam:

Radici e rami delle rose è
il fragrante sudore di Mustafa (cioè, Maometto)
e, per la sua potenza, la mezzaluna della rosa
cresce ora in una luna piena

Allo stesso modo, uno scrittore Arabo moderno espresse l’opinione che Allah

creò il corpo di Maometto di una tale impareggiabile bellezza, che non ne fu mai visto l’uguale in un essere umano, né prima né dopo di lui. Se la totale bellezza del Profeta fosse esposta davanti ai nostri occhi, essi non potrebbero sopportare il suo splendore.

Nei Versetti 40-49 Allah discute di come ha mandato messageri in tutto il mondo, avvisando delle pene per chi rifiutasse di credere. I Versetti 50-58 prescrivono a Maometto di intimare vari ammonimenti agli increduli. I Versetti 59-69 sottolineano l’assoluto potere di Allah, col Versetto 59 che concisamente riafferma la Sua onniscienza: “E Lui ha le chiavi dell’Invisibile. Nessuno, tranne Lui le conosce. E Lui conosce ciò che sta sulla terra e nel mare. Non una foglia cade, che Lui non lo sappia, e non c’è un granello nel buio della terra, né alcunché di umido o secco che (non sia registrato) in un infallibile registro”. (Allo stesso modo, “Non abbiamo tralasciato nulla nel Libro” v. 38, è ritenuto essere, da alcuni commentatori Islamici, un riferimento al Lawhul Mahfuz, la Lapide Protetta, su cui Allah ha annotato tutto ciò che avviene nell’universo, anche le più piccole azioni degli animali e degli uccelli). Allah dice a Maometto di “allontanarsi da coloro che considerano la loro religione come puro gioco e divertimento e sono ingannati dalla vita di questo mondo” (v. 70).

Infine, i Versetti 74-83 mostrano Abramo che respinge il politeismo, accorgendosi delle manchevolezze di molti oggetti di culto pagani: le stelle, la luna, il sole. Chi scioccamene associa Allah con la divinità lunare – una divinità pre-islamica della guerra – dovrebbe prestare attenzione al Versetto 77: “Quando vide la luna sorgere nel suo splendore, disse: Questo è il mio Signore. Ma quando la luna tramontò, disse: Se il mio Signore non mi guida, certo sarò tra coloro che si perdono”.

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