Bloggando il Corano: Sura 4, “Le Donne”, Versetti 35-103
Bloggando il Corano: Sura 4, “Le Donne”, Versetti 17-34
di ROBERT SPENCER (2, Settembre, 2007)
Dopo che Allah con il Versetto 35 raccomanda l’arbitrato per una coppia litigiosa, i Versetti 36-42 della Sura 4 prescrivono la gentilezza verso i parenti, gli amici i vicini e gli schiavi (“ciò che la vostra mano destra possiede“, v. 36), e condannano l’orgoglio e l’avarizia.
Poi il Versetto 43 avverte i credenti di non andare alla preghiera mentre sono ubriachi. Ibn Abi Hatim dice che questo fu rivelato perché uno dei Musulmani iniziò a recitare la Sura 109:1-3: “Dì: O miscredenti! io non adoro quello che voi adorate; né voi adorate quello che io adoro”. Ma chi guidava la preghiera era ubriaco e così disse: “Dì: O miscredenti! io non adoro quello che voi adorate, ma noi adoriamo quello che voi adorate”. 4:43 fu rivelato poco dopo.
Fu la prima delle tre fasi della proibizione Coranica dell’alcol.
Dapprima Allah ordinò ai Musulmani, in questo Versetto, di non pregare mentre erano ubriachi; poi disse loro che l’alcol era un “peccato grave, ma con qualche beneficio, per gli uomini” (2:219); e infine arrivò la rivelazione che l’alcol era “opera di Satana” (5:90), perciò doveva essere completamente evitato. Si ritiene che l’ultimo di questi Versetti abbia abrogato i primi due.
Lo stesso Maometto divenne piuttosto rigido in tema di ubriachezza, dicendo che agli ubriachi si dovevano dare tre opportunità e quindi dovevano essere eseguite: “Se è ubriaco, frustatelo; ancora, se è ubriaco, frustatelo; ancora, se è ubriaco, frustatelo; e se lo fa ancora una quarta volta, uccidetelo”. La condanna amorte fu successivamente abrogata. Dopo la morte di Maometto la regola di picchiare chi bevesse alcol venne portata avanti dai suoi successori.
Poi Allah torna a uno dei suoi temi preferiti, scortando il Popolo del Libro in generale e gli ebrei in particolare.
Con un’invettiva, nei Versetti 44-59 Allah torna ad uno dei suoi temi preferiti, il Popolo del Libro in generale e gli Ebrei in particolare. Gli Ebrei “trafficano con gli errori” e vorrebbero che i Musulmani “perdessero la retta via” (v. 44). “Essi credono nella magia e nel male, e dicono ai miscredenti che sono guidati sulla (retta) via meglio dei credenti!” (v. 51). Distorcono le parole di Allah, ma Allah li ha “maledetti per la loro miscredenza” – كُفْرِهِمْ, kufrihim, (vv. 46; vedi anche 52).
Allah dichiara che gli Ebrei, possa la continua maledizione di Allah cadere su di essi fino al Giorno della Resurrezione, hanno comperato la direzione sbagliata invece della guida corretta e hanno ignorato quello che Allah ha inviato al Suo Messaggero, Maometto. Hanno anche ignorato la sapienza ereditata dai Profeti precedenti, circa la descrizione di Maometto, così che possano ottenere solo una piccola parte delle delizie di questa vita.
Essi sono chiamati ad abbracciare l’Islam o ad affrontare un terribile castigo, compreso l’essere maledetti “come Noi abbiamo maledetto i profanatori del Sabato” (v. 47) – cioè, essere trasformati in scimmie e maiali (2:63-65). Allah perdonerà tutto, tranne il shirk, la associazione di altri partners a lui (v. 48). Poiché il Popolo del Libro è maledetto, essi saranno presto “gettati nel fuoco: e appena la loro pelle sarà arrostita a puntino, Noi gliela cambieremo con una pelle nuova in modo che possano assaporare il castigo” (v. 56).
Secondo Maududi, dicendo che “Allah ti ordina di rendere la tua fiduciaa coloro ai quali è dovuta”, il Versetto 58 ammonisce i Musulmani a non commettere lo stesso errore che commisero gli Ebrei: “Uno dei principali errori commessi dagli Ebrei fu che nel periodo della loro decadenza concessero posizioni di responsabilità (cioè di guida politica e religiosa) a persone incompetenti, meschine, immorali, corrotte e disoneste”. Maududi, uno dei maggiori esponenti dell’Islam politico che scriveva verso la metà del 20° secolo, implica che i Musulmani hanno perso la retta via per aver tollerato regimi autoritari che non governano secondo la legge Islamica invece di aver realizzato governi in pieno accordo con la Sharia. Un altro teorico del 20° secolo, Sayyid Qutb, scrivendo nello stesso tono a proposito dello stesso Versetto, aggiunge che la jihad è “il compimento di una specifica responsabilità”. Un terzo commentatore, Maulana Bulandshahri, spiega che i moderni governi degli stati Musulmani hanno tradito la loro responsabilità permettendo alle loro “assemblee legislative di fare le leggi” invece di “seguire la guida del Corano e degli Hadith”.
Allo stesso tempo, i credenti vengono esortati ad obbedire “ad Allah, al suo Messaggero e a coloro tra voi, investiti di autorità” (v. 59). Obbedire oggi a Maometto, sostengono molte autorità Islamiche, significa seguire i suoi ordini negli Hadiths, che alcuni Musulmani contemporanei vorrebbero ignorare, dicendo che solo il Corano ha autorità. Ma anche lo stesso Maometto è molto chiaro sull’obbligo di seguire anche i capi terreni: “Voi dovete ascoltare e seguire il vostro capo anche se fosse uno schiavo Etiope (negro) la cui testa sembra un chicco d’uva passa”. I Versetti 60-70 proseguono il tema dell’obbedienza a Maometto, rimproverando gli ipocriti che fanno finta di credere a Maometto e all’Islam ma rifiutano di rivolgersi a lui per giudicare le loro contese. Allah dice a Maometto: “Per il Signore, non possono avere (vera) fede, finché non ti faranno giudice in tutte le dispute tra loro” (v. 65).
I Versetti 71-103 esortano i credenti ad impegnarsi coraggiosamente nella guerra di jihad. Ibn Kathir spiega il Versetto 71 in questa maniera:
Allah ordina ai suoi fedeli servitori di premunirsi contro i propri nemici, preparandosi con il necessario armamento e con le necessarie provviste e aumentando il numero delle truppe che combattono per la Sua causa.
Un guerriero deve combattere senza paura, perché “sia che venga ucciso o che esca vittorioso” sarà ricompensato (v. 74) – ecco ancora qui la promessa che ha fatto combattere i Musulmani con tale tenacia per tutta la storia. Perché il contrasto è chiarissimo: i credenti combattono contro l’oppressione (v. 75) e per Allah, mentre i miscredenti combattono per Satana (v. 76). Non si può evitare la morte rifiutando di combattere, perché “ogni cosa proviene da Allah” (v. 78). E, in ogni caso, Allah “terrà sotto controllo la furia dei miscredenti” (v. 84). Il Versetto 90 è talvolta citato come prova che i Musulmani non hanno un illimitato mandato di combattere gli infedeli, ma il Tafsir al-Jalalayn chiarisce che ciò si riferisce solo agli infedeli che si sottomettono al potere Islamico:
E se stanno lontani da voi e non vi combattono e vi offrono pace e riconciliazione, cioè, [se] si sottomettono, allora Dio non vi permette nulla contro di loro, [Egli non vi permette] alcuna azione per farli prigionieri o ucciderli.
I Versetti 92-93 vietano ai Musulmani di uccidere di proposito i fratelli credenti; se uno uccide un Musulmano per sbaglio, dovrà liberare uno schiavo Musulmano. Come mai, allora, può succedere che i Musulmani si possano accoppare l’un l’altro con tale apparente impunità in Iraq e in altri luoghi? Il motivo è semplice: si accusano l’un l’altro di takfir – dichiarano che il gruppo opposto è miscredente – non ostante la blanda disapprovazione di questa abitudine nel Versetto 94. Il Versetto 95 dice che i credenti che si imboscano per non rischiare ferite o peggio non sono uguali a quelli che combattono nella jihad a rischio della vita.
Passaggi come questi, che sono spesso ignorati nelle discussioni sulla visione Coranica della jihad, dimostrano definitivamente che quello che il Corano intende per jihad non è una lotta spirituale interiore, ma la guerra. Perché qualcuno dovrebbe temere la morte o la furia degli infedeli, o ridurre la durata della preghiera in vista di un imminente attacco degli infedeli (v. 101), durante una lotta spirituale? Come si fa ad uccidere per sbaglio un compagno Musulmano in una lotta spirituale?