Bloggando il Corano: Sura 4, “Le Donne”, Versetti 17-34
Bloggando il Corano: Sura 4, “Le Donne”, Versetti 17-34
di ROBERT SPENCER (26, Agosto, 2007)
Nei Versetti 17-28 della Sura 4, “Le Donne”, il Corano continua con varie prescrizioni per il matrimonio e il trattamento delle donne. I Versetti 17-18 continuano il richiamo alla penitenza iniziato nel Versetto 16 ammonendo che Allah accetterà solamente il pentimento di coloro che hanno peccato per ignoranza, ma non guarderà con occhio benevolo i cambiamenti di idea sul letto di morte. Poi il Versetto 19 vieta di ereditare dalle donne contro la loro volontà, e ordina agli uomini di non trattarle duramente al fine di spingerle alla rinuncia della loro dote, in tutto o in parte –“a meno che non siano colpevoli di flagrante impurità”. Aisha, la moglie favorita di Maometto, racconta, secondo un hadith contenuto nella raccolta Sunan Ibn Mājah, che Maometto disse: “Il migliore di voi è chi è migliore verso sua moglie, e io sono il migliore verso le mie mogli”.
I Versetti 21-22 continuano le esortazioni verso un giusto trattamento delle donne, dicendo agli uomini che se loro hanno deciso di “scambiare una moglie con un’altra”, non devono riprendersi indietro la dote che avevano dato alla moglie che viene scartata. I Versetti 22-25 proibiscono il matrimonio con donne che siano imparentate per sangue o matrimonio.
Il Versetto 23 si riferisce alle “nutrici”, o più letteralmente alle “madri che vi hanno allattato”, che sono incluse tra le donne che è vietato sposare. Agli uomini e alle donne che non abbiano relazioni di parentela la legge Islamica vieta di stare insieme da soli, ma un uomo e una donna a cui è vietato sposarsi tra loro – cioè, che siano in qualche maniera, imparentati – possono stare insieme da soli.
Una volta una donna andò da Maometto e gli raccontò che suo marito, Abu Hudhaifa, era arrabbiato perché un suo schiavo liberato, un giovane che aveva già raggiunto la pubertà, “entra liberamente in casa nostra”. Maometto le rispose: “Allattalo e tu diventerai vietata a lui, e (l’irritazione) che Abu Hudhaifa sente in cuore, scomparirà”. In seguito la donna riferì che aveva funzionato: “Così lo allattai e quello (che c’era) nel cuore di Abu Hudhaifa scomparve”.
Nel 2007 questa direttiva salì alla ribalta mondiale, quando un ecclesiastico dell’Università Al-Azhar del Cairo, la più rispettata autorità dell’Islam Sunnita, raccomandò che questo avrebbe potuto risolvere un problema sul posto di lavoro: un uomo avrebbe potuto stare da solo e lavorare con una donna di cui non era parente, se la donna lo avesse allattato, diventando perciò la sua nutrice. Dopo che questa storia divenne nota e l’Università Al-Azhar fu internazionalmente sommersa dal ridicolo, l’Accademico che espresse questa raccomandazione fu sospeso. Ciò che fu lasciato senza soluzione, tuttavia, fu l’origine di questa raccomandazione nelle parole di Maometto in persona.
Il Versetto 24 vieta ai Musulmani di sposare donne già sposate eccetto le giovani schiave: secondo la legge Islamica, una volta che una donna viene catturata e fatta schiava, il suo matrimonio è immediatamente annullato:
A un certo punto, secondo un hadith riportato anche da Sahih Muslim, “i Compagni del Messaggero di Allah sembravano astenersi da avere rapporti sessuali con le prigioniere poiché i loro mariti erano politeisti”. Così i Compagni “chiesero al Profeta ragguagli su questo argomento e questo Ayah [Versetto] fu rivelato… Di conseguenza, noi avemmo rapporti sessuali con queste donne”.
Ibn Kathir dice che il Versetto 25 proibisce il matrimonio temporaneo – un matrimonio con una data di scadenza predeterminata, che, secondo gli Sciti, non fu mai vietato. Tuttavia, gli uomini che non hanno mezzi sufficienti per sposare donne credenti, devono sposare schiave Musulmane.
I Versetti 29-33 contengono esortazioni morali generali, che includono il divieto di suicidio. Il suicidio per mezzo di una bomba è compreso in questo divieto? I leader Musulmani che lo giustificano dicono che non lo è, dato che lo scopo dell’atto non è uccidersi, ma uccidere degli infedeli, e così si tratta dell’uccidere ed essere uccisi che, secondo il Corano 9:111, viene ricompensato col Paradiso. Se ne parlerà molto di più quando arriveremo a questo Versetto. Il Versetto 31 dice ai Musulmani di evitare “i peccati maggiori”. Hafidh Dhahabi elenca 70 peccati maggiori nel suo Kitab ul-Kaba’ir, iniziando con shirk, cioè accostare soci ad Allah (come dire che Gesù è il Figlio di Dio), e includendo la magia nera, l’adulterio, la diserzione sul campo di battaglia, bere alcolici, mentire, rubare, l’orgoglio, l’appropriazione fraudolenta di parte del bottino, spiare gli altri, danneggiare i Musulmani e parlare male di loro, disobbedire al proprio marito e fare fotografie. Altre liste aggiungono di più. Un altro libro, Al Ashba wa al-Nadha’ir, elenca mancanze quali mangiare maiale, ballare, castrare uno schiavo, diventare apostata, giocare a scacchi e l’uso di droghe tra i peccati maggiori.
Il Versetto 34 dice agli uomini di picchiare le loro mogli disobbedienti dopo averle prima ammonite e poi dopo averle mandate a dormire in letti separati. Ovviamente questo è un Versetto estremamente controverso, così è opportuno confrontare come vari traduttori hanno riprodotto il termine chiave del Versetto, وَاضْرِبُوهُنَّ, wadribwhunna.
Pickthall: “and scourge them” cioè “e frustatele”
Yusuf Ali: “(And last) beat them (lightly)” cioè “(E infine) battetele(leggermente)”
Al-Hilali/Khan: “(and last) beat them (lightly, if it is useful)” cioè “(e infine) battetele (leggermente, se fosse utile)”
Shakir: “and beat them” cioè “e battetele”
Sher Ali: “and chastise them” cioè “e punitele severamente”
Khalifa: “then you may (as a last alternative) beat them” cioè “poi potete (come ultima alternativa) batterle”
Arberry: “and beat them” cioè “e battetele”
Rodwell: “and scourge them” cioè “e frustatele”
Sale: “and chastise them” cioè “e punitele severamente”
Asad: “then beat them” cioè “e battetele”
[Piccardo: “e battetele” (N.d.T.)]
[Guzzetti: “e battetele” (N.d.T.)]
[La radice Araba DaRaBa significa colpire, picchiare, ma non molto delicatamente, tanto che “daraba âunuqahu” = colpire il collo di qualcuno, significa “decapitare” (N.d.T.)]
Laleh Bakhtiar, in una nuova traduzione che ha ricevuto ampia pubblicità, lo traduce come “allontanatevi da loro”. Alla luce della unanimità tra i traduttori, sia Musulmani che non Musulmani, questa versione sembra difficile da sostenere. Possibile che tutte queste autorità abbiano sempre sbagliato l’interpretazione di questa parola fino alla traduzione di Bakhtiar? Ma il desiderio di questa traduttrice è comprensibile, dato che oggi molti Musulmani guardano questo Versetto con acuto imbarazzo. Asad riporta numerose tradizioni in cui Maometto “proibì di picchiare qualsiasi donna”, concludendo che picchiare la moglie è “a malapena permissibile e dovrebbe preferibilmente essere evitato”.
Sfortunatamente, però, non è una visione unanime.
Lo Sceicco Syed Mahmud Allusi nel suo commentario Ruhul Ma’ani (pag. 550–551) fornisce quattro ragioni per cui un uomo è autorizzato a picchiare la moglie: “se rifiuta di farsi bella per lui,” se rifiuta il rapporto sessuale quando lui lo richiede, se rifiuta di pregare o di praticare le abluzioni rituali e “se esce di casa senza un valido motivo”.
Inoltre, l’esempio di Maometto è normativo per i Musulmani, dato che lui è un “eccellente esempio di condotta” (Corano 33:21) – e Aisha riferisce che Maometto la percosse. Una volta egli uscì di notte, pensando che lei dormisse, ma lei lo seguì di nascosto. Maometto la vide e, come Aisha racconta:
Mi colpì sul petto, il che mi fece male, e poi disse: pensavi che Allah e il Suo Apostolo ti avrebbero trattato ingiustamente? (Sahih Muslim 2127).
Picchiare la moglie è un evento presente in tutte le culture, ma solo nell’Islam è santificato da una autorizzazione di Dio. Amnesty International riporta che
secondo l’Istituto di Scienze Mediche del Pakistan, oltre il 90% delle donne sposate riferiscono di essere state prese a calci, schiaffeggiate, picchiate, o sottoposte ad abusi sessuali quando i mariti non erano soddisfatti della loro cucina o della pulizia della casa, o quando si dimostravano ‘incapaci’ di rimanere incinte o avevano partorito una femmina invece di un maschio.
La stessa Aisha lo confessò:
Io non ho mai visto nessuna donna soffrire tanto quanto le donne credenti (Sahih al-Bukhari Book 72 Hadith 715)