Bloggando il Corano: Sura 29, “Il Ragno”
Commento al Corano: Sura 29, Il Ragno
di ROBERT SPENCER 25, (15 Giugno, 2008)
Il nome di questa Sura deriva dal Versetto 41, che confronta coloro che confidano in qualcuno o qualcosa oltre Allah ai ragni che lavorano per costruire ragnatele che sono “le più fragili delle case”. Maududi dice che la Sura 29 fu rivelata durante “il periodo di estrema persecuzione dei Musulmani” alla Mecca, benché consideri anche, per poi scartarla, la possibilità che le prime porzione, poiché inveisce contro gli ipocriti che così tormentavano Maometto in Medina, furono rivelate posteriormente, durante il periodo Medinese. Evidentemente gli ipocriti erano sempre in giro.
I Versetti 1-13 si concentrano su di loro, dicendo che non è sufficiente dichiarare la fede nell’Islam, ma che i credenti devono essere messi alla prova (vv. 2-3). In realtà, in questo caso, gli ipocriti sono solo dei deboli, che scambiano l’oppressione degli uomini con l’ira di Allah (v. 10). Allah chiede: “Chi fa il male, pensa di poter aver la meglio su di Noi? Quanto sbagliato è il suo giudizio!” (v. 4). Anche se i genitori di un credente lo spingono a venerare qualcosa o qualcuno oltre ad Allah, non deve ubbidire (v. 8). Ibn Kathir chiarisce: “Se essi sono idolatri e ti spingono a seguirli nella loro religione, allora guardati da loro e non ubbidirli in questo”. I miscredenti assicurano i credenti che, se lasciano l’Islam per seguirli, i miscredenti sopporteranno le pene per i loro peccati, ma, ovviamente, mentono (v. 12).
Poi, nei Versetti 14-39, Allah, ancora una volta, invoca vari profeti: Noè (vv. 14-15); Abramo (vv. 16-27); Lot (vv. 28-35); Shu’aib (vv. 36-38); e Mosè (v. 39). Dice Maududi: “I racconti menzionati in questa Sura evidenziano in gran parte il medesimo punto, come per dire: ‘Guarda questi profeti del passato: essi dovettero subire gravi disagi e furono trattati crudelmente per lunghi periodi. Poi, alla fine, furono aiutati da Allah. Quindi, fatti coraggio: il soccorso di Allah arriverà sicuramente. Ma bisogna subire un periodo di prove e di tribolazioni’. Oltre ad insegnare questa lezione ai Musulmani, anche i miscredenti sono stati ammoniti, come per dire, ‘Se non siete afferrati immediatamente da Allah, non dovete avere la falsa impressione che non vi afferrerà mai. I segni delle popolazioni condannate nel passato, sono davanti a voi. Guardate come incontrarono la loro rovina e come Allah soccorse i Profeti'”. L’ammonimento a coloro che hanno ascoltato e respinto Maometto, è chiaro.
Durante il racconto, risuonano molte note familiari: la verità di Allah è evidente nel creato (v. 20); Allah è misericordioso con chi vuole e punisce chi vuole punire (v. 21): dice Ibn Kathir, “Egli è il Sovrano che ha il controllo, Colui che fa quello che vuole e giudica come vuole e non c’è nessuno che possa modificare il Suo giudizio. Nessuno lo può interrogare su ciò che fa; piuttosto, saranno loro ad essere interrogati, perché Suo è il potere di creare e qualsiasi cosa Egli decida, è equa e giusta, perché Lui è il Sovrano che assolutamente non può essere ingiusto”. Chi respinge i Suoi segni (ayat, o Versetti del Corano) sarà severamente punito (v. 23).
Nei Versetti 40-57 Allah dice a Maometto di continuare a predicare, ma solo chi ha il sapere capirà il suo messaggio (v. 43). Di conseguenza, uno dei primi Musulmani, Amr bin Murrah, osservò: “Io non ho mai incontrato un Ayah [Versetto] del Libro che io non conoscessi, ma questo mi ha rattristato” – perché la sua mancanza di comprensione indicava che non aveva il sapere richiesto. Il versetto potrebbe spiegare perché è così frequente oggi per i Musulmani accusare i non Musulmani che parlano della ideologia Islamica della jihad e dell’egemonismo Islamico di non comprendere i testi e gli insegnamenti Islamici; se li comprendessero, diventerebbero Musulmani. Il significato del Corano è chiaro nel cuore dei credenti (v. 49): il Tafsir al-Jalalayn spiega che è chiaro “nel petto di coloro a cui è stato dato il sapere, in pratica, i credenti, che lo custodiscono [nei loro cuori], e nessuno nega i Nostri segni, tranne i malfattori, cioè, gli Ebrei – essi li respinsero dopo che furono loro mostrati”.
Allah dice a Maometto di non discutere con Ebrei e Cristiani, se non “nel migliore dei modi”, a meno che non si tratti di uno di loro che sia un malfattore – e di dir loro che Musulmani, Ebrei e Cristiani adorano lo stesso Dio (v. 46). Il Tafsir al-Jalalayn dice che ciò significa che i Musulmani non devono discutere con Ebrei e Cristiani eccetto che per “chiamarli a Dio, mediante [il riferimento ai] Suoi segni e sottolineando i Suoi ragionamenti; eccetto quelli di loro che si sono comportati in modo malvagio, facendo guerra e rifiutando di accettare [di pagare] la jizia (tassa capitaria)“. I Musulmani devono “disputare con costoro usando la spada, fino a quando si sottomettano e paghino la jizia” e ricordare a loro che noi tutti adoriamo lo stesso Dio.
Un altro dei primi Musulmani, Ibn Abbas, disse ai Musulmani che non era necessario chiedere a Ebrei e Cristiani quesiti religiosi, dato che i Musulmani avevano il Corano: “Perché chiedere alla gente della scrittura qualche cosa, quando il vostro Libro (il Corano) che è stato rivelato all’Apostolo di Allah, è più recente e l’ultimo? Lo leggete, puro, inalterato e immodificato, e Allah vi disse che il popolo della scrittura (Ebrei e Cristiani) hanno cambiato le loro scritture e le hanno distorte e hanno poi scritto le scritture con le loro mani dicendo ‘Questo viene da Allah’, per venderlo per un piccolo guadagno. La conoscenza che vi è stata data, non vi consente forse di evitatre di dover chiedere loro alcunchè?”
Allah ricorda a Maometto che non ha mai letto o recitato alcuna Scrittura prima del Corano (v. 48) – significando, dice Ibn Kathir, che “tu sei vissuto presso la tua gente per lungo tempo prima che tu portassi questo Corano. Durante tutto questo periodo tu non hai letto alcun libro né hai scritto alcunché. I tuoi, e altri, tutti sanno che sei una persona analfabeta, che non legge e che non scrive”. Questa, in pratica, è la sostanza del preteso miracolo dello stesso Corano – che questa sublime poesia sia giunta ad un analfabeta. I miscredenti chiedono miracoli, ma il compito di Maometto è solo di ammonirli del Giudizio di Allah (v. 50), e il Corano è sufficiente per questo (v. 51). I miscredenti saranno puniti e Allah li rimprovera: “Assaggiate (i frutti) delle vostre azioni!” (v. 55).
I Versetti 58-69 promettono il Paradiso (v. 58) a coloro che perseverano nella fede (v. 59). Questo mondo e soltanto “un passatempo e un gioco” (v. 64) – la vita reale è nell’aldilà. Ma molti non capiscono, anche se sanno che Allah ha creato e mantiene ogni cosa (vv. 63, 65). Allah guiderà alla verità coloro che lottano (jahadu, una forma di “jihad”) per la sua causa (v. 69) – significando che chi ha difficoltà nella fede deve combattere per l’Islam e quindi arriverà, per questo, a capirlo meglio. Come spiega Ibn Abbas: “Chiunque agisce in base a ciò che conosce” Allah “gli darà il successo di conoscere quello che non conosce”.