Bloggando il Corano: Sura 28, “Il Racconto”
Commento al Corano: Sura 28, Il Racconto
di ROBERT SPENCER 25, (Giugno, 2008)
E’ stato spesso rilevato che, mentre la Bibbia è (oltre a molte altre cose) una serie di narrazioni storiche, il Corano è una serie di omelie. Questo non può essere più chiaro che nelle frequentemente ripetute storie di Mosè. Mentre i primi cinque libri della Bibbia narrano la storia di Mosè in quello che è un racconto continuo, il Corano racconta parti di questa storia nelle Sure 2, 7, 10, 17, 20, 26, 27 e in questa (e anche altrove).
C’è una grande quantità di ripetizioni e sovrapposizioni, ma ci sono anche caratteristiche uniche nella maggior parte delle ripetizioni. Ognuna ha il suo punto omiletico: i dettagli della vita di Mosè sono utilizzati per ammonire i miscredenti o esortare i credenti a una maggiore devozione. Come abbiamo visto la scorsa settimana, Ibn Abbas e Jabir bin Zaid dicono che le Sure 26, 27 e 28 furono rivelate in quest’ordine. Maududi dice che “le varie parti della storia del Profeta Mosè, come riportate in queste Sure, tutte insieme costituiscono un racconto completo”. Comunque, se uno volesse ricostruire la cronologia della vita di Mosè per mezzo del solo Corano, sarebbe molto difficile.
Intanto, questa ricorrente fissazione su Mosè, rinforza il suo stato di profeta dell’Islam, così come la perversità degli Ebrei nel non riconoscere la conformità del messaggio di Maometto con quello di Mosè, e quindi diventare Musulmani. Maududi enfatizza che, qui, ancora, il punto di queste ripetizioni della storia di Mosè non è di sottolineare l’importanza di Mosè, ma quella di Maometto: “Il tema principale” di questa Sura, dice, “era di rimuovere i dubbi e le obiezioni che erano state sollevate contro le facoltà profetiche del Santo Profeta Maometto (sul quale si riversi la pace e la benedizione di Allah) e per controbattere le scuse addotte per non credere in lui. Per questo fine, per prima cosa, la storia di Mosè è stata correlata … per analogia, con il periodo della rivelazione”.
I Versetti 2-43 riferiscono la storia di Mosè, ricordando molti elementi del racconto Biblico, benché Haman sia importato da un altro tempo e da un altro luogo (la sua storia è contenuta nel Libro di Ester) per essere l’assistente di Faraone (v. 8). Allah dice alla madre di Mosè di gettarlo nel fiume “quando avrai paura per lui” (v. 7). Lei esegue e “la gente di Faraone” lo salva (v. 8), e sua madre, non essendo nota la sua identità agli Egiziani, diventa la sua nutrice (v. 13). Mosè dichiara che non assisterà mai chi commette peccati (v. 17) – una dichiarazione che i moderni Salafiti (Musulmani “duri e puri”) collegano al detto di Maometto riportato nel Mishkat al-Masabih, che qualcuno che, scientemente, aiuta un tiranno non è più un Musulmano. Questa è la loro giustificazione per opporsi ai governanti autoritari nei paesi Musulmani che non mettono pienamente in pratica la Sharia (come Mubarak e Musharraf).
Mosè uccide un Egiziano e Allah lo perdona (vv. 15-16), ma si viene a sapere quello che ha combinato (v. 19) e Mosé fugge a Midian (v. 22). Qui si accorda per lavorare per un innominato Jethro in cambio della mano di sua figlia (v. 27). Vede il roveto ardente (v. 29), incontra Allah (v. 30), e gli vengono dati i miracoli della verga (v. 31) e della mano bianca (v. 32) da mostrare a Faraone. Faraone respinge i suoi argomenti come “stregoneria” (v. 36), proprio come i miscredenti diranno di Maometto (11:7, 15:15). E dopo che Allah getta Faraone e i suoi eserciti nel mare (v. 40), arriviamo al punto focale della storia.
Il nocciolo del racconto è nei Versetti 44-55: il fatto che Maometto conosca questi dettagli della vita di Mosè, quando non era presente per esserne testimone oculare, è la prova che Maometto è un Profeta. Ibn Kathir spiega: “Allah ci presenta la prova delle facoltà profetiche di Maometto, attraverso cui egli riferì agli altri argomenti del passato e parlò di questi come se li avesse ascoltati e visti personalmente. Ma lui era una persona analfabeta che non poteva leggere libri, ed era cresciuto tra gente che non conosceva nulla di queste cose”. Così vediamo Allah che ricorda a Maometto che lui non era presente alle varie vicende della vita di Mosè (vv. 44-46). Eppure gli Arabi pagani chiedono a Maometto di fare miracoli come fece Mosè, anche se loro non credono neppure a Mosè (v. 48); “loro seguono solo le loro brame” (v. 50). Il Popolo del Libro sa che il Corano è vero – “questo fu rivelato” dice il Tafsir al-Jalalayn, “a proposito di certi Ebrei che diventarono Musulmani, come ‘Abd Allāh b. Salām e altri e [certi] Cristiani che erano venuti dall’Abissinia e dalla Siria [e che, pure, divennero Musulmani]”.
I Versetti 56-75 stigmatizzano la perversità dei miscredenti, che ignorano e negano i chiari segni di Allah. Allah guida chi vuole; Maometto non riuscirà a portare la verità a tutti quelli che ama (v. 56) – giusto un altro Versetto che indica che la fede e la sua mancanza è unicamente nelle mani di Allah. “Questi Versetti furono rivelati”, spiega Ibn Kathir, “a proposito di Abu Talib, lo zio paterno del Messaggero di Allah” – e padre di Ali, l’eroe degli Sciti. Abu Talib “era sempre pronto a proteggere il Profeta, a sostenerlo e a schierarsi dalla sua parte. Amava profondamente il Profeta, ma questo era un amore naturale, cioè, derivante dalla parentela, non un amore dovuto al fatto che lui era il Messaggero di Allah. Quando fu sul suo letto di morte, il Messaggero di Allah lo chiamò alla fede e ad accettare l’Islam, ma il decreto lo raggiunse e rimase un miscredente, e la saggezza assoluta appartiene ad Allah”.
Allah rimprovererà i miscredenti nel Giorno del Giudizio, chiedendo loro dove sono i suoi “compagni” (vv. 62, 74-75). Seguono i Versetti 76-88 con la storia di Qarun (il Core di Numeri 16:1-40), che si ribellò contro Mosè. Qarun crede nella sua grande ricchezza invece che venerare Allah (v. 78). Secondo un Hadith, Abu Hurayra, uno dei compagni di Maometto, ha ricordato che Maometto disse che solo tre cose alla fine appartengono all’uomo che si gloria delle sue ricchezze: il cibo che mangia, gli abiti che indossa e le somme che spende per la causa di Allah. “Tutto il resto” disse Maometto, “lo lascerà ai suoi eredi”. Nessun dubbio su questo.
Coloro “il cui scopo è la vita di questo mondo” (v. 79) lo invidiarono, ma i giusti ne sanno di più (v. 80), e, sicuramente, al momento giusto Allah “fece in modo che la terra si aprisse per inghiottire lui e la sua casa” (v. 81). Maometto non dovrà “mai aiutare i miscredenti” (v. 86) – “piuttosto”, dice Ibn Kathir, “sepàrati da loro, esprimi la tua ostilità contro di loro e opponiti a loro”. Perché, alla fine, tutto morirà, eccetto il Suo Viso” (v. 88) – cioè, tutto, tranne Allah. Questo sembrerebbe contraddire l’eternità di Paradiso e inferno, ma il Tanwîr al-Miqbâs min Tafsîr Ibn ‘Abbâs lo parafrasa in questo modo: “Tutte le cose che non sono fatte in funzione della sua Immagine… non saranno accettate … tranne quelle intese per l’interesse della Sua Immagine”.