Bloggando il Corano: Sura 26, “I Poeti”

Commento al Corano: Sura 26, I Poeti

di ROBERT SPENCER 25, Maggio, 2008)

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Questa è una Sura Meccana; il suo nome deriva dal Versetto 224 che ci dice che soltanto chi è traviato segue i poeti. Ciò significa, ovviamente, che Maometto non è un poeta e che il Corano non è solo una composizione poetica, ma una rivelazione divina, benché i pagani della Mecca rifiutino pervicacemente di accettarlo.

E questo rifiuto procura a Maometto una continua angoscia (Versetti 2-9). Allah si preoccupa che Maometto si affligga fino a morire per la loro mancanza di fede (v. 3), e lo assicura che, se volesse, potrebbe inviare un segno che li farebbe credere (v. 4). Tuttavia, non giunge ad essi alcun nuovo messaggio da Allah che loro non rifiutino (v. 5) – ma presto scopriranno che era vero (v. 6). Non hanno mai visto sulla terra i molti segni del potere di Allah (vv. 7-8)?

Poi i Versetti 10-68 ritornano ancora un’altra volta alla storia di Mosè, che abbiamo già visto nelle Sure 2, 7, 10, 17, e 20. I raffronti con la vicenda di Maometto sono frequenti e inconfondibili. Quando Allah gli dice di andare a predicare “al popolo di Faraone” (v. 11), Mosè dice ad Allah: “Temo che mi accuseranno di falsità” (v. 12), proprio come loro hanno accusato Maometto (25:4). Mosè teme che i miscredenti lo uccidano (v. 14), proprio come loro complottarono per uccidere Maometto (8:30). Dopo che Mosè gli fece le sue richieste, Faraone dice a Mosè che “è proprio matto” (v. 27), proprio quello che gli Arabi pagani avevano detto a Maometto (15:6).

Quindi segue la storia dei miracoli di Mosè e i tentativi dei maghi di Faraone di riprodurli. Dopo che Mosè vince i maghi di Faraone e loro professano la loro fede in Allah (vv. 47-48), Faraone li ammonisce che li punirà amputando loro mani e piedi da lati opposti e poi crocifiggendoli (v. 49) – la stessa pena che Allah ordina per coloro che “muovono guerra contro Allah e il Suo Messaggero e lottano con tutta la loro forza per diffondere l’iniquità sulla terra” (5:33). Ma i maghi rimangono saldi, sperando che Allah li perdoni per i loro precedenti peccati (vv. 50-51). Mosè divide il mare (v. 63) e i Figli di Israele raggiungono la salvezza.

I Versetti 69-104 ritornano alla storia di Abramo (già raccontata anche nelle Sure 15, 19 e 21), mostrandolo ancora mentre si scontra con il suo popolo per la loro adorazione degli idoli. Gli idolatri dicono subito ad Abramo che i loro idoli sono senza valore e che loro li venerano unicamente perché così avevano fatto i loro antenati (v. 74). “Essi sapevano che i loro idoli non potevano fare nulla” dice Ibn Kathir, “ma loro hanno visto i loro padri agire in questa maniera, così si sono affrettati a seguire il loro esempio”. Questo richiama il racconto di Ibn Ishaq di una delegazione di Cristiani che venne dalla città Yemenita di Najran per vedere Maometto. Uno dei capi della delegazione era un Vescovo, Abu Haritha ibn ‘Alqama, che aveva ricevuto soldi, servi e altri favori dai “re Cristiani di Bisanzio”. Abu Haritha, dice Ibn Ishaq, sapeva che Maometto era un profeta, e lo confermò anche agli altri membri della delegazione, ma rifiutò di riconoscerlo ufficialmente per paura di perdere le ricchezze che i Bizantini gli elargivano in abbondanza.

In altre parole, o per pigrizia mentale, o per interesse, i miscredenti sono in malafede: non si considera mai la possibilità che le persone rifiutino l’Islam semplicemente perché non ritengono che sia vero. Tutti sanno che è vero, ma alcuni trovano inopportuno ammetterlo per le più svariate ragioni. Maududi commenta: “La mentalità dei non credenti è stata sempre uguale lungo i secoli; le loro argomentazioni e le loro obiezioni, le loro scuse e i loro sotterfugi per non credere sono stati simili e, in definitiva, anche la fine cui andarono incontro è stata la stessa”.

Poi arriva, nei Versetti 105-122, la storia di Noè (già raccontata nelle Sure 10, 11, e 23). Noè dice ai miscredenti di essere semplicemente un “evidente annunciatore” (v. 115) – esattamente come Maometto (7:184). Noè poi si appella ad Allah perché giudichi tra lui e il suo popolo, e di conseguenza il popolo è annegato mentre lui è salvato sull’arca (v. 119). Questo è un segno, ma molti persistono ancora nella miscredenza (v. 121). Nei Versetti 123-140 segue un altro racconto del profeta Hud che abbiamo già incontrato nelle Sure 7 e 11. Anche lui ammonisce la sua gente, ma loro lo respingono e Allah li distrugge (v. 139). Allo stesso modo, nei Versetti 141-159 i miscredenti respingono il messaggio del profeta Salih (che compare anche nelle Sure 7 e 11), e anche loro vengono distrutti (v. 158). Qui viene nuovamente raccontata la storia della “cammella di Allah”, un animale miracoloso che Salih presenta in risposta alla richiesta di un segno da parte del popolo (vv. 154-155). Dice Ibn Kathir: “Un gran numero di loro si riunì e intimò che immediatamente facesse comparire da una roccia una cammella incinta di dieci mesi, e indicarono una certa roccia in mezzo a loro. Salih, il profeta di Allah, fece loro promettere che se avesse realizzato la loro richiesta, avrebbero creduto in lui e lo avrebbero seguito. Loro acconsentirono. Salih, il profeta di Allah, la pace sia su di lui, si alzò e pregò, poi scongiurò Allah di concedere loro quanto chiedevano. Allora la roccia che loro avevano indicato si aprì in due, rivelando una cammella incinta di dieci mesi, esattamente come loro avevano richiesto. Così alcuni di loro credettero, ma molti non credettero”. In realtà, alcuni di loro afferrarono la cammella e la azzopparono (v. 157), e per questo furono debitamente puniti.

Lo schema continua. I Versetti 160-175 raccontano la storia di Lot (già vista nelle Sure 7 e 15). Lot rimprovera severamente i miscredenti per la loro omosessualità (vv. 165-166) e Allah li distrugge tutti (v. 172), salvando Lot e la sua famiglia – tutti eccetto una vecchia donna (v. 171), vestigio della moglie di Lot di Genesi 19:26. I Versetti 176-191 ritornano al profeta Shu’aib (che compare anche nelle Sure 7 and 11). I miscredenti lo accusano di essere stregato (v. 185), proprio come dicono di Maometto (17:47), e anche di essere un uomo mortale come loro e un bugiardo (v. 186) – ancora, proprio come con Maometto (17:93, 25:4).

La Sura termina con i Versetti 192-227, che puntualizzano in modo esplicito: questa è una rivelazione di Allah (v. 192), in chiaro Arabo (v. 194), come fu profetizzato dalle precedenti Scritture (v. 196). Non è questo un segno che i Figli di Israele lo hanno riconosciuto come tale (v. 197)? Cioè, dice Ibn Kathir, “per loro non è testimonianza sufficiente per la verità che gli studiosi dei Figli di Israele trovino questo Corano menzionato nelle Scritture che loro studiano?” Egli afferma che “quelli di buon senso tra di loro ammettono che gli attributi di Maometto e la sua missione e la sua Ummah erano menzionati nei loro Libri, come era affermato da coloro che, tra di loro, credevano, come ‘Abdullah bin Salam, Salman Al-Farisi e altri che incontrarono il Profeta”.

Gl’infedeli non avrebbero creduto a un Messaggero che non fosse Arabo (vv. 198-199), e in verità, non crederanno fino a che non avranno assaggiato l’inferno (v. 201). La distruzione arriverà improvvisamente, ma Allah non distrugge mai una popolazione senza prima avvertirla (v. 208). Così, credi solo ad Allah (v. 213), non ai maledetti poeti (v. 224).

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