Bloggando il Corano: Sura 2, “La Vacca”, Versetti 141-210
Bloggando il Corano: Sura 2, “La Vacca”, Versetti 141-210
di ROBERT SPENCER (2007)
Quanto vale la tua vita?
Nella legge islamica, una donna musulmana vale la metà di un uomo, e un ebreo o un cristiano vale un terzo di quello che vale un musulmano.
Scettico? Continuare a leggere.
Continuando il nostro il giro attraverso “La vacca”, la seconda e più lunga Sura del Corano, incontriamo nei Versetti 141-150 una discussione sulla qibla, la direzione della preghiera. Ai Musulmani si richiede, da qui in avanti, di rivolgersi verso la sacra moschea della Mecca, quando pregano (v. 150), mentre prima si rivolgevano verso Gerusalemme, insieme agli Ebrei.
Sembra che ciò sia avvenuto al termine dei tentativi di Maometto di convincere gli Ebrei di essere un profeta in linea con i profeti Ebrei. Solo dei “folli” (v. 142) protestarono per il cambiamento – cioè gli Ebrei: su questa identificazione concordano sia il relativamente moderato commentatore Muhammad Asad che il relativamente intransigente Mufti Muhammad Aashiq Ilahi Bulandshahri.
Questo ‘abbandono’ di Gerusalemme ovviamente dispiacque agli Ebrei di Medina, che si erano dovuti sentire gratificati quando videro che i Musulmani pregavano rivolti verso la loro città santa; ed è a loro che la frase iniziale di questo passaggio si riferisce.
Allah critica ulteriormente Ebrei e Cristiani per seguire “vani desideri” anche se sanno bene che la qibla di Maometto proviene da Allah (Versetti 144-146).
Abbiamo visto che nel Versetto 106 Allah annunciò che quando avesse abrogato un Versetto, lo avrebbe sostituito con uno migliore e che alcuni Musulmani ritengono riferirsi a cose contenute nel Corano, mentre altri ritengono che si applichi solo quelle contenute nella Bibbia, poiché è stata rimpiazzata dal Corano. Il cambio nella qibla ha una certa rilevanza in proposito. Ibn Abbas, cugino di Maometto e una importante e antica autorità Islamica, dice che:
la prima parte del Corano ad essere abrogata fu quella riguardante la Qiblah.
Tuttavia, non c’è nulla nel Corano che indirizzi i Musulmani a pregare rivolti verso Gerusalemme così che questa è una abrogazione di un regolamento extra-Coranico. Torneremo a parlare di abrogazione più avanti in altri contesti.
Allah presenta la nuova qibla come se fosse un dono specialmente per Maometto, che “sarà contento” della nuova direzione per le preghiere (v. 144). Questo è uno dei numerosi passaggi del Corano che indicano la particolare sollecitudine di Allah per Maometto; un altro esempio è il benevolo rimprovero che Allah gli fa per aver declinato l’invito a sposare la sua precedente nuora, mentre Allah voleva che lui la sposasse (33:37).
Tali passaggi hanno indotto i non credenti a ritenere che Maometto godesse di personali extra benefici per la sua condizione [privilegiata] di profeta, ma, per i Musulmani, essi sottolineano soltanto la speciale posizione di Maometto: i dettagli della sua vita, e anche i suoi desideri – come l’aspirazione di pregare rivolto alla Kaba – sono veicoli mediante i quali Allah rivela verità eterne e leggi divine. E il suo esempio è normativo.
Muqtedar Khan, del Centro per lo Studio dell’Islam e la Democrazia, spiega:
Nessun leader religioso ha tanta influenza sui suoi seguaci quanto Maometto (la Pace sia su di lui), l’ultimo Profeta dell’Islam…. Così tanto che le parole, le azioni e i silenzi (ciò che vide ma non vietò) di Maometto divennero una fonte indipendente della legge Islamica. I Musulmani, nella loro pratica religiosa, non solo obbediscono, ma cercano anche di imitare ed emulare il loro Profeta in ogni aspetto della vita. In questo modo, Maometto è sia il mezzo che la fonte della legge divina.
I Versetti 151-157 incoraggiano i credenti ad essere perseveranti; il Versetto 158 approva una pratica pre-Islamica durante l’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca; e i Versetti 159-177 ritornano al tema della perversità dei non credenti. Coloro che respingono l’Islam affronteranno le maledizioni di Allah, degli angeli e di tutta l’umanità (v. 161), e abiteranno nell’Inferno (v. 162).
Al contrario, il fardello dei credenti non è pesante. Loro si devono soltanto astenere da certi cibi, incluso il maiale (v. 173). Ci sono tra i non credenti quelli che, pervicacemente nascondono quello che loro sanno essere stato rivelato da Allah (v. 174).
Quelli che polemizzano a proposito di ciò che Allah ha rivelato nel Corano sono in “aperto scisma” (v. 176). Il Tafsir al-Jalalayn dice che costoro sono – tanto per cambiare! – gli Ebrei.
I Versetti 177-203 legiferano su vari argomenti: zakat (elemosina), il digiuno del Ramadan, l’Hajj (pellegrinaggio), e la jihad. Il Versetto 178 stabilisce la legge della rivalsa (qisas) per l’omicidio: per la vita della vittima deve essere data una ricompensa equivalente , che può prendere la forma di una “taglia” (diyah): il pagamento di una somma per compensare la perdita subita. Nella legge Islamica (Sharia) l’ammontare del compenso varia a seconda dell’identità della vittima.
‘Umdat al-Salik (Reliance of the Traveller), un manuale della Sharia certificato come conforme alla “pratica e alla fede della comunità Sunnita ortodossa” dalla prestigiosa Università Al-Azhar del Cairo, dice che il pagamento per l’uccisione di una donna è pari alla metà di quello pagato per un uomo e che per l’uccisione di un Ebreo o di un Cristiano, la somma è pari a un terzo di quella pagata per l’uccisione di un Musulmano maschio (o4.9).
Per una spiegazione iù estesa, vedi la dichiarazione del Sufi, Sceicco Sultanhussein Tabandeh, qui.
I Versetti 190-193 sono tra le parole più importanti del Corano a proposito della guerra di jihad.
Il Versetto 191, “non iniziare le ostilità” è spesso invocato oggi per dimostrare che la jihad può essere solo difensiva. Asad dice che:
questo e i Versetti seguenti stabiliscono senza equivoci che solo l’autodifesa (nel più ampio senso dell’espressione) rende la guerra lecita per i Musulmani.
Con “senso più ampio”, si lascia però intendere che anche delle semplici proibizioni sull’applicazione di alcune norme della Sharia possono essere intese come azioni di guerra verso i musulmani [N.d.Islamicamentando].
Il Tafsir al-Jalalayn è più esplicito e dice che questo versetto è stato abrogato da 9:1, che annulla ogni trattato tra i Musulmani e i non credenti. D’altra parte, Ibn Kathir rifiuta l’idea che il Versetto sia stato abrogato.
Che cosa è un conflitto difensivo? Un indizio ci viene dal Versetto 193:
E combattili finché non ci sia più persecuzione e la religione sia per Allah.
Ibn Ishaq spiega che ciò significa che i Musulmani devono combattere contro i non-credenti “finché Dio soltanto è adorato” (Guillaume. The Life of Muhammad., par. 213)
I peggiori peccati sono l’infedeltà (Kufr) e il Politeismo (Shirk) che costituiscono una ribellione contro Allah, il Creatore. Per eradicare questi peccati, i Musulmani devono far guerra fino a che entrambi non siano completamente eliminati e la sola religione sia quella di Allah.
Ciò equivale a una dichiarazione di guerra perpetua contro tutte le religioni non musulmane.
Maududi dice:
Qui la parola “fitnah” […] denota quella condizione della società che non è sicura e libera per l’adozione della via di Allah. Questo è il motivo per cui i musulmani sono stati esortati a continuare lo sforzo per cambiare questo stato di cose e per ristabilire la pace e la libertà sulla via di Allah. Va anche notato che la parola araba din, che è stata tradotta qui in “Via” in origine significa “sottomissione” ed è tecnicamente usata per il modo di vivere che è costruito sulla sovranità di qualcuno i cui comandi e regolamenti sono seguiti. Quindi, quella condizione della società in cui esiste la legge e la sovranità dell’uomo sull’uomo e in cui non è possibile per nessuno seguire la Via di Allah, ciò è fitnah. Lo scopo della guerra nell’Islam è abolire la fitnah e stabilire la Via di Allah in modo da permettere alle persone di vivere come servi di Allah in conformità con la Legge Divina.
Questo conflitto sarebbe quindi essenzialmente difensivo, contro l’aggressione della mancanza di fede: se i Musulmani devono combattere fino a che la mancanza di fede non venga eliminata, la semplice presenza della mancanza di fede costituisce una aggressione sufficiente all’inizio delle ostilità.
Questo è uno dei fondamenti per la egemonica consapevolezza che i Musulmani devono combattere i non credenti finché costoro non si convertano o non vengano sottomessi alla sovranità della legge Islamica, come esplicitamente stabilito da 9:29.
Come il Profeta dell’Islam, Maometto, afferma:
A me è stato ordinato di combattere la gente, finché non testimonieranno che non c’è Dio all’infuori di Allah e finché non crederanno in me (che) io sono il Messaggero (mandato dal Signore) e in quello che io ho portato. E quando lo faranno, il loro sangue e le loro ricchezze saranno protetti sotto la garanzia della mia autorità eccetto quando sia giustificato dalla legge e i loro affari saranno affidati ad Allah. (Sahih Muslim Book 1 Hadith 31)
Pertanto si può ragionevolmente concludere che se uno non lo accetta come profeta, il suo sangue e le sue ricchezze non sono al riparo da coloro che leggono queste parole come le parole di un messaggero dell’unico vero Dio.
I Versetti 204-210 ammoniscono i credenti a non dubitare, a non ricadere (nell’errore) e a non seguire l’Islam senza convinzione. Quindi inizia l’esame di una serie di domande che i seguaci di Maometto gli ponevano – rivelando, tra le altre cose, il portentoso significato della frase “la persecuzione è peggiore del massacro” (che compare anche nel Versetto 191).