Bloggando il Corano: Sura 18, “La Caverna”, Versetti 60-82
Commento al Corano: Sura 18, La Caverna, Versetti 60-82
di ROBERT SPENCER (16, Marzo, 2008)
L’importanza della Sura 18 nella religiosità Musulmana, commentata nel precedente commento, è confermata in numerosi hadith. In uno di questi, un uomo stava recitando la sura, quando “una nube discese dirigendosi verso quest’uomo, continuando ad avvicinarsi sempre più finché il suo cavallo cominciò ad impennarsi (come se fosse spaventato da qualcosa). Il mattino successivo l’uomo venne dal Profeta e gli raccontò l’accaduto. Il Profeta disse: ‘Questa era As-Sakina (tranquillità) che scende a causa (della recitazione) del Corano'”. As-Sakina è un adattamento dell’Ebraico Shekinah, che, nella tradizione Ebraica, si riferisce alla presenza di Dio nel mondo, e la nube chiaramente richiama la nube che ha accompagnato la presenza di Dio nei passaggi Biblici come in Esodo 40:35. Come altri concetti Biblici importati nell’Islam – in particolare, Gesù come il “Verbo di Dio” – non possiede, nel pensiero Islamico, questa marcata connotazione.
I Versetti 60-82 della Sura 18 contengono una delle più strane e più stupefacenti storie dell’intero Corano: quella dei viaggi di Mosé e Khidr, una delle grandi storie di avventure di viaggio di tutti i tempi. Mosé, viaggiando col suo servo, dimentica il pesce che si erano portati dietro per il pranzo (vv. 60-64). Tornando indietro per recuperarlo, incontrano “uno dei Nostri servi, a cui concedemmo Misericordia da parte Nostra e a cui insegnammo una scienza proveniente dalla Nostra Presenza” (v. 65). Nella tradizione Islamica quest’uomo è identificato come Al-Khadir o Al-Khidr, o, più comunemente, Khidr, “l’Uomo Verde”. Alcuni lo identificano come uno dei profeti, altri come un wali, un santo Musulmano. Abu Hayyan Al-Gharnati, un commentatore del Corano del quattordicesimo secolo, indica il v. 82, nel quale Khidr dice di non aver agito “di mia iniziativa”, per sostenere l’ipotesi che fosse un profeta – perché, se era stato ispirato da qualcun altro, chi avrebbe potuto ispirare un uomo così santo da consigliare un profeta come Mosé, se non Allah in persona? Invece, un altro studioso Islamico del quattordicesimo secolo , Ibn Taymiyya, notò che “la maggioranza degli ‘ulema [studiosi Islamici] ritiene che non fosse un Profeta”.
Ad ogni modo, all’inizio del loro incontro, Mosé chiede a Khidr: “Ti posso seguire”, così che tu “mi possa insegnare qualcosa della Verità (più Elevata) che ti è stata insegnata?” Khidr è riluttante (vv. 67-68), ma, alla fine acconsente, a patto che Mosé non faccia domande (v. 70). Mosé accetta.
Allora Khidr e Mosé salgono su una barca che Khidr immediatamente affonda – al che Mosé infrange per la prima volta la sua promessa e rimprovera Khidr (v. 71); Khidr gli ricorda la sua promessa (vv. 72-73). Poco dopo Khidr uccide un ragazzo in modo apparentemente casuale e Mosé lo critica ancora (v. 74), a ciò segue il consueto scambio di battute (vv. 75-76). Infine Khidr ricostruisce un muro che era crollato in una città che aveva rifiutato ai due l’ospitalità e Mosé lo rimprovera di nuovo (v. 77), perché avrebbe potuto ottenere un compenso per la sua azione, che avrebbero potuto usare per pagare vitto e alloggio.
Infine Khidr dice a Mosé che il loro viaggio è finito, e spiega le sue strane azioni. (Maometto commentò: “Avremmo voluto che Mosé fosse riuscito ad essere più paziente così che Allah avrebbe potuto raccontarci di più della loro storia”. Khidr danneggiò la barca perché un Re stava requisendo “ogni barca con la forza” ma non quelle inservibili” (v. 79) – presumibilmente i poveri proprietari della barca avrebbero potuto ripagarla appena il Re se ne fosse andato. Khidr uccise il ragazzo perché avrebbe afflitto i suoi devoti genitori con la sua “ribellione e ingratitudine” (v. 80), e Allah avrebbe dato loro un figlio migliore (v. 81). E riguardo al muro, sotto di esso c’era un tesoro che apparteneva a ragazzi troppo giovani per ereditarlo – così, riparandolo, diede loro il tempo di raggiungere la maturità, evitando che il tesoro venisse rubato (v. 82).
Maududi illustra il punto focale di tutto il racconto: “Bisogna avere fede assoluta nella saggezza di ciò che avviene nella Divina Fabbrica, secondo la volontà di Allah. Poiché la realtà ci è nascosta, noi non possiamo comprendere la saggezza di ciò che accade e talvolta, quando sembra che le cose ci siano contrarie, urliamo: ‘Come e perché questo è accaduto?’ Il fatto è che, se la tenda che nasconde l’ignoto fosse rimossa, riusciremmo a capire che ciò che ci capita è per il meglio. Anche se talora sembra che qualcosa sia contro il nostro interesse, vedremo che alla fine produce anche qualche buon risultato”. (Sayyid Abul Ala Maududi, The Meaning of the Qur’an (Tafhim al-Qur’an), “Al-Kahf”)
Il traduttore del Corano, Abdullah Yusuf Ali, ricava questi quattro insegnamenti dal racconto, includendo l’idea che “anche se tutto il sapere attuale, le scienze e l’arte, e quello della letteratura (anche se potesse essere concentrato in una sola persona), non potrebbe mai comprendere tutto il sapere. Il sapere Divino, per quanto concerne l’uomo, è illimitato” e “ci sono paradossi nella vita: una perdita apparente può essere un guadagno reale; una apparente crudeltà può essere vera misericordia; rendere bene per male può essere realmente giustizia e non generosità (18:79-82). La saggezza di Allah trascende ogni calcolo umano”. (Abdullah Yusuf Ali, The Meaning of the Holy Qur’an (Beltsville, MD: Amana Publications, 1999), 725)
Nella tradizione Islamica emerge un altro punto: non uccidere i bambini, a meno che tu sappia che cresceranno per essere miscredenti.
“Il Messaggero di Allah (che la pace sia sopra di lui) non uccideva i bambini, così anche tu non li devi uccidere, a meno che tu possa sapere quello che Khidr aveva saputo a proposito del ragazzo che uccise, o che tu sappia distinguere tra un bambino che crescerà per diventare un credente e un bambino che crescerà per diventare un miscredente, di modo da uccidere il (probabile) miscredente, evitando il (probabile) credente”.
L’affermazione così formulata può aiutare a spiegare la persistenza del fenomeno del “delitto d’onore” nei paesi Islamici ed anche tra i Musulmani in Occidente.
La figura di Khidr sovrasta la tradizione mistica Islamica. Il mistico Sufi dell’ottavo secolo, Ibrahim Bin Adham (Abou Ben Adhem), una volta proclamò: “Vissi quattro anni in quella landa desolata. Dio mi procuro il cibo senza sforzi da parte mia. Khidr, il Verde Antico, fu mio compagno in quel periodo – mi insegnò il Grande Nome di Dio”. Alcuni ritengono che Khidr sia immortale (Ibn Taymiyya lo crede). Questa idea si basa su numerosi argomenti. Bayhaqi riferisce che quando Maometto morì, i dolenti radunati sentirono una voce – identificata come quella di Khidr – che li esortava a confidare in Allah. L’idea ha una base anche nelle stesse parole di Maometto. Una volta Maometto stava parlando ai suoi seguaci del Dajjal, la figura dell’anti-Cristo che ha un importante ruolo nella escatologia Islamica. Il Dajjal, spiegò, ucciderà una persona e la riporterà in vita, e poi cercherà di ucciderla nuovamente, ma non riuscirà a farlo. “Quella persona sarà Khadir”.
A motivo della sua immortalità, lungo i secoli, non pochi mistici Musulmani hanno riferito di incontri con lui.