Bloggando il Corano: Sura 14, “Abramo”
Commento al Corano: Sura 14, Abramo
di ROBERT SPENCER (3, Febbraio, 2008)
Anche la Sura 14 del Corano del tardo periodo Meccano. Il suo nome deriva dal v. 35, in cui Abramo compare e prega, ma, in accordo con le convenzioni per attribuire titoli alle Sure, questo nome ha poco a che fare col contenuto della Sura; di Abramo si parla molto più diffusamente in altre parti del Corano.
I Versetti 1-4 celebrano “il Libro che Noi ti abbiamo rivelato” (v. 1) – che, ovviamente, è il Corano, che fu consegnato a Maometto. Con le parole di Ibn Kathir, è “il Libro più onorato che Allah ha mandato giù dal cielo al più onorato Messaggero di Allah inviato a tutti i popoli della terra, sia Arabi che non Arabi”.
Con questo Libro, Maometto può “condurre l’umanità fuori dall’oscurità verso la luce” (v. 1) – la luce di Allah – ma, ovviamente, per i miscredenti c’è in serbo una punizione tremenda (v. 2): “Guai a loro nel Giorno del Giudizio, perché si opposero a te, o Maometto, e ti respinsero.” dice Ibn Kathir. Poiché osarono preferire questo mondo al prossimo e trattenere la gente dal percorrere la via di Allah, e “cercano ivi qualcosa di tortuoso” (v. 3) – cioè, con le parole di Maulana Bulandshahri, “sono sempre in cerca di scoprire qualche difetto che sperano di trovare nella religione (D’in = دين) dell’Islam”. Eppure, Allah ha inviato ai popoli messaggeri che parlavano la loro lingua in modo che potessero chiaramente capire il messaggio (v. 4), ma dopo ciò, dice il Tafsir al-Jalalayn, “Dio manda sulla via della perdizione chiunque Egli decida di sviare e guida sul retto sentiero chiunque vuole”.
I Versetti 5-15 ritornano alle storie di Mosè (vv. 5-8) e di alcuni altri profeti (v. 9). Gli infedeli “ficcano le loro mani nelle loro bocche” (v. 9) quando ascoltano le chiare prove dei messaggeri. “Si dice” spiega Ibn Kathir “che indicavano le bocche dei Messaggeri chiedendo loro di smetterla di chiamarli a venerare Allah, l’Esaltato e il Più Onorato. Si dice anche che significhi che posero le loro mani sulle loro bocche in rifiuto dei Messaggeri. E’ stato anche detto che significasse che loro non rispondevano alla chiamata dei Messaggeri, oppure che si morsicavano le mani per la rabbia”. Poi arriva un dialogo tra gl’infedeli e i messaggeri (vv. 10-15) che sembra doversi intendere come applicato a tutte le esperienze di tutti i profeti che Allah ha inviato nel mondo, ma che, ancora una volta, come abbiamo già visto in altre Sure del tardo periodo Meccano, ricalca precisamente e rende universali i rapporti di Maometto con la sua stessa gente, i Quraish pagani della Mecca. Maulana Maududi lo evidenzia molto chiaramente quando spiega che il v. 13: “Gli infedeli ammonirono i loro Messaggeri: ‘Voi dovete ritornare nella nostra Comunità, altrimenti sicuramente noi vi espelleremo dalla nostra terra“ è un riferimento a una minaccia che i Quraish rivolsero a Maometto: il Versetto “indica chiaramente” dice, “che la persecuzione dei Musulmani era giunta al suo punto peggiore al momento della rivelazione di questa Sura e che il popolo della Mecca era deciso ad espellere i Credenti come chi non credette ai precedenti Profeti”.
Ma Allah ribalterà la situazione contro i miscredenti: “In verità, Noi distruggeremo i malfattori e in verità vi faremo abitare – cioè Maometto e i Musulmani – sulla terra, dopo di loro” (vv. 13-14).
Ciò conduce ad ulteriori avvertimenti agli infedeli nei Versetti 16-23: “Davanti a uno così c’è l’Inferno, e gli verrà data acqua bollente e fetida come bevanda” (v. 16). Soffriranno “in inesorabile castigo” (v. 17) e le loro imprese in questo mondo si ridurranno a nulla (v. 18). Se solo lo volesse, Allah potrebbe sostituire l’intero creato (v. 20). Nel Giorno del Giudizio il debole rimprovererà l’arrogantet (v. 21), e Satana riconoscerà che entrambi, lui e Allah, fecero promesse agli uomini, lui – Satana – si dimostrò un traditore (v. 22). Secondo Ibn Jarir, Satana riferirà agli infedeli a questo punto, quando è ormai troppo tardi: “Io nego di essere un pari di Allah, l’Altissimo e il più Onorato”. E “Iblis [Satana],” dice Ibn Kathir, “che Allah lo maledica, si alzerà e dirà” a quelli che ha condotto sulla cattiva strada “per aggiungere afflizione ad afflizione, dolore a dolore e angoscia ad angoscia”. Tuttavia non si fa alcuna menzione al dilemma posto da Allah quando è lui ad inviare la gente sulla cattiva strada. In ogni modo, i giusti entreranno “nei giardini ai cui piedi scorrono i fiumi” (v. 23).
I Versetti 24-27 paragonano la parola di Allah a un albero possente e “la parola cattiva” a un albero senza radici, ricordando la parabola di Gesù in Matteo 7:17-19 (vedi anche 7:24-27). Maometto raccontò una volta ai suoi compagni: “C’è un albero tra gli alberi, benedetto come un Musulmano” e spiegò “E’ la palma da datteri”. Questo avrebbe potuto dipendere dal potere spirituale dei datteri. Maometto aggiunse anche: “Chi mangia sette datteri ‘Ajwa ogni mattina, non sarà danneggiato da veleno o da magia nel giorno in cui li ha mangiati“. Allah rinvigorirà i credenti in questo mondo e nel prossimo (v. 27); Maometto spiegò: “Quando un Musulmano viene interrogato nella sua tomba, testimonierà che nessuno ha il diritto di essere adorato, tranne Allah e che Maometto è l’Apostolo di Allah, e questo è il significato dell’affermazione di Allah” nel Versetto 27.
I Versetti 28-34 mettono in guardia gli infedeli a proposito del fuoco dell’inferno e ricorda loro le benedizioni di Allah. In un hadith Maometto identifica “coloro che scambiano il favore di Allah con la miscredenza e trascinano il loro popolo nella dimora della perdizione” (v. 28) come “gli infedeli pagani della Mecca”, in tal modo rinforzando l’impressione di Maududi, che questa Sura sia un ammonimento ai Quraish nel momento in cui la tensione tra loro e i Musulmani era altissima.
Nei Versetti 35-41 Abramo prega Allah di rendere la Mecca una città di “pace e sicurezza” (v. 35) per i suoi figli, alcuni dei quali ha fatto “risiedere in una valle senza coltivazioni, di fianco alla tua Sacra Casa” cioè la Ka’ba, che lo stesso Abramo costruì, secondo la tradizione Islamica. Il fatto che la terra sia brulla li pone alla mercé del buon cuore degli abitanti della regione: Abramo prega Allah di “riempire di affetto verso di loro i cuori di alcuni tra gli uomini, e di nutrirli di frutti” (v. 37). Tuttavia, secondo Ibn ‘Abbas, Mujahid e Sa‘id bin Jubayr, ciò è riservato solo ai Musulmani: “Se Abramo avesse detto: ‘I cuori dell’umanità’, i Persiani, i Romani, gli Ebrei, i Cristiani e tutti gli altri popoli si sarebbero raccolti attorno” alla Ka’ba. Ma Abramo, essi spiegano, disse “alcuni tra gli uomini”, così “riservandola esclusivamente ai Musulmani”.
Secondo uno dei compagni di Maometto, Abdullah bin Amr, Maometto recitò qui parte della preghiera di Abramo – “Essi hanno effettivamente traviato molti dell’umanità” (v. 36) – e pianse, gridando tre volte: “O Allah, salva la mia Ummah [comunità]!” In un’altra occasione che sottolinea l’importanza di Maometto per Allah, mandò l’arcangelo Gabriele al profeta con queste istruzioni: “Vai da Maometto e digli questo: ‘O Maometto, Noi ti soddisferemo con la tua Ummah, e la tratteremo in un modo che sia di tuo gradimento'”.
I Versetti 42-52 ripetono che i peccatori che non si curano della verità di Allah, dovranno comunque affrontare il Suo terribile giudizio.