Bloggando il Corano: Sura 10, “Giona”

Commento al Corano: Sura 10, Giona
di ROBERT SPENCER (6, Gennaio, 2008)

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I capitoli da 1 a 9 del Corano contengono principalmente le informazioni dottrinali del libro. Le sure immediatamente successive alla sura 9 iniziano a concentrarsi maggiormente sulle storie dei profeti, sostenendo che il ruolo profetico di Maometto, e continuano con le stesse furiose denunce verso i non credenti già  presenti nelle sure 1-9.

La Sura 10, “Giona”  risale all’ultimo periodo meccano, la prima parte della carriera profetica di Maometto. Il suo nome deriva dal Versetto 98, dove il profeta Giona è menzionato di passaggio. Dopo un’altra serie di tre lettere misteriose (“lettere individuali”), il capitolo inizia dichiarando che “Questi sono gli ayat [i segni] del Libro della Saggezza” (Versetto 1). “Ciò indica” dice Ibn Kathir, “che questi sono i Versetti del Corano, nei quali la saggezza del giudizio è chiara”.

I Versetti 2-36 in definitiva riassumono questa “saggezza di giudizio” mediante una serie di affermazioni: Allah ha fatto tutte le cose (vv. 5-6); gli idoli venerati dai miscredenti sono senza valore (v. 18); certe persone non sono riconoscenti verso Allah (v. 12); Allah distrusse precedenti generazioni di miscredenti (v. 13); i miscredenti bruceranno all’inferno (vv. 8, 27); e i credenti si godranno i giardini del Paradiso (vv. 9, 26).

La pelle dei beati sarà bianca, mentre quella dei dannati sarà nera (vv. 26-27). Ibn Kathir cita un hadith a questo proposito:

Quando il popolo del Paradiso vi entrerà” ci viene detto “un araldo dirà: O popolo del Paradiso, Allah vi ha promesso qualcosa che adesso vuole mantenere”. Allora i beati risponderanno: “Che cos’è? Non ha forse Egli reso pesante la nostra Bilancia?” – cioè, non ha giudicato che le nostre buone azioni pesano di più delle nostre cattive azioni? “Non ha Egli reso bianche le nostre facce e non ci ha forse resi liberi dal Fuoco?”. Poiché “non ci sarà né nero né oscurità sulle loro facce durante i vari eventi del Giorno del Giudizio. Ma le facce dei miscredenti ribelli saranno macchiate di polvere e di nero. 

I Versetti 37-41 trattano della eccellenza del Corano e di come Maometto debba rispondere a coloro che lo mettono in dubbio. Allah assicura Maometto che il Corano può essere stato prodotto soltanto da Allah, che conferma le precedenti rivelazioni e contiene una “più completa spiegazione del Libro – in cui non esiste dubbio – da parte del Signore dei mondi”. Ibn Kathir si dilunga su questo argomento:

Il Corano ha una natura miracolosa che non può essere imitata. Nessuno può produrre alcunché simile al Corano, né dieci Sure e neppure una sola Sura come quelle presenti nel Corano. L’eloquenza, la chiarezza, la precisione e la grazia del Corano non possono che provenire da Allah. I grandi e numerosi princìpi e significati inclusi nel Corano – che sono di grande utilità in questo mondo e nel prossimo – non possono che provenire da Allah. Non esiste nulla come la Sua Altissima Essenza e i Suoi Attributi o come i Suoi detti e le Sue azioni. Pertanto, le Sue Parole non sono come le parole delle Sue creature.

Il Corano conferma le precedenti rivelazioni, ci spiega, “e costituisce una testimonianza di esse. Dimostra i cambiamenti, le perversioni e le corruzioni che sono capitate a questi Libri” – confermando la diffusa convinzione Islamica che le Scritture Ebraiche e Cristiane di oggi sono soltanto delle versioni corrotte dei messaggi originali dei profeti Musulmani Mosé e Gesù. Il Corano corregge queste alterazioni e nessuno è capace di produrre un capitolo come questo (v. 38).

Perché lanciare una sfida come questa? Perché, tornando ancora una volta a Ibn Kathir, “l’eloquenza era parte della natura e del carattere degli Arabi. La poesia Araba, includendo  Al-Mu`allaqat – la più antica collezione completa dei più eloquenti ed antichi poemi Arabi – era considerata la migliore tra le arti letterarie. Tuttavia Allah inviò loro qualcosa con il cui stile nessuno era familiare e che nessuno era grande abbastanza per imitare. Così, coloro che tra essi credettero, credettero per ciò che conoscevano e sentivano nel Libro, inclusi la sua bellezza, la sua eleganza, i suoi benefici e la sua fluidità. Essi divennero i più grandi conoscitori del Corano e i migliori nell’aderire ai suoi precetti”. Questa è una delle principali ragioni per cui la teologia Islamica tradizionale sostiene che il Corano non può essere tradotto: perdendo la musicalità della lingua Araba, perde parte della sua essenza.

I Versetti 42-70 ripetono molti degli stessi temi, continuando le critiche per aver mancato di seguire i messaggeri di Allah, che erano stati mandati a tutte le nazioni (v. 47).  La punizione eterna di Allah dovrebbe convincere i peccatori a pentirsi (vv. 50-54), poiché è Lui che dà e toglie la vita e a Lui tutti dovranno ritornare (v. 56). Tutte le creature appartengono ad Allah e gli idolatri inventano bugie contro Allah (v. 66). Gl’infedeli osano addirittura proclamare che Allah ha un figlio, mentre, in realtà, è autosufficiente. Il Tafsir al-Jalalayn spiega: “Loro, cioè gli Ebrei e i Cristiani, e coloro che sostengono che gli angeli sono le figlie di Dio, dicono: Dio ha preso [per sé] un figlio.”. Ma, in verità, “Lui è Indipendente, [senza bisogno] di nessuno, perché solo chi ha bisogno di un figlio desidera [averne] uno. A Lui appartiene tutto ciò che esiste in cielo e tutto quello che esiste in terra, come proprietà, creature e servi”.

I Versetti 71-93 poi, raccontano le storie di Noè (vv. 71-74) e Mosè (vv. 75-93), senza significative differenze rispetto alle versioni della sura 7. Sia Noè che Mosè sono inseriti in ruoli molto simili a quello di Maometto: profeti i cui messaggi vengono ignorati dai loro insolenti e ostili ascoltatori, che vengono puntualmente puniti. In realtà qui Mosè prega affinché Allah non abbia misericordia del Faraone: “Distruggi, o Signore nostro, ogni aspetto della loro ricchezza, e instilla durezza nei loro cuori così che non crederanno finché vedranno la terribile punizione” (v. 88). Allah accetta le loro preghiere  (v. 89), benché, quando il Faraone si pente (v. 90), Allah lo salva (v. 92). Egli “insediò i Figli di Israele in una bella terra,” ma “essi caddero nella divisione” (v. 93). Secondo alcuni hadith, gli Ebrei si divisero in settantuno sette, mentre i Cristiani si separarono in settantadue sette, e questa Ummah [la comunità Musulmana] si separerà in settantatre sette, una delle quali sarà in Paradiso e le altre settantadue nel Fuoco (Jami` at-Tirmidhi 26402641).

La Sura si conclude con la rassicurazione di Maometto e la affermazione della sovranità di Allah. Nei Versetti 94-109 Allah dice a Maometto di “chiedere a coloro che hanno letto il Libro prima di te” se avessero dubbi sulle rivelazioni che stava ricevendo (v. 94). Il Tafsir al-Jalalayn dice che ciò significa che Maometto dovrebbe “interrogare chi ha letto le Scritture, la Torah, prima di te, perché in queste c’è la conferma e loro possono assicurarti della verità”. Ciò suppone, ovviamente, che ai tempi di Maometto, fossero ancora disponibili le versioni inalterate delle Scritture Ebraiche (e Cristiane) – una affermazione che crea difficoltà immense alla pretesa Islamica che queste erano completamente alterate, dato che esistono copie di quel tempo, e non sono assolutamente diverse da Scritture Ebraiche e Cristiane che esistono oggi.

Ma, in sostanza, dipende da Allah se uno crede o no (vv. 99-100). Il motivo per cui creerebbe esseri umani solo per torturarli nel fuoco eterno, rimane senza spiegazione.

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