La carriera di Allah: da ingannatore in arabo, a stratega in italiano

3 Risposte

  1. Mauro Maverna ha detto:

    Non conosco l’Arabo, ma non mi pare molto sensato, dati:
    1) la possibile evoluzione della parola (il Latino “domus”, casa, diventa ad es. l’italiano Duomo [che è la domus Dei, la casa di Dio])
    2) la grande polisemia delle lingue semitiche (in fondo uno stratega inganna i nemici; in Ebraico la radice LBN dà sia Libano sia “leben” (latte) sia Labano).

    • AdminIslamic ha detto:

      Salve Mauro, benevenuto sul nostro blog.

      Riguardo il punto 1, abbiamo aggiornato l’articolo inserendo del materiale per provare quanto detto nell’articolo. Speriamo le sia sufficiente per dissipare ogni dubbio, altrimenti possiamo approfondire ulteriormente.

      Riguardo il punto 2, il fatto che uno stratega inganni il nemico conferma comunque che Allah inganna, è che lo sa fare molto bene, infatti è il migliore.

    • AdminIslamic ha detto:

      Trovato un po’ di tempo, cercherò di risponderle in maniera più precisa. Dopodiché aggiorneremo l’articolo in modo da provare ad evitare che in futuro altri lettori vengano indotti negli stessi errori.

      Il commento “possibile evoluzione della parola (il Latino “domus”, casa, diventa ad es. l’italiano Duomo [che è la domus Dei, la casa di Dio])”, per come lo capisco è inconsistente. Gli arabisti che in passato si sono occupati della traduzione, badavano con estremo scrupolo alla diacronia dei lessemi, proprio per collocare scrupolosamente lessico, sintassi, ecc,. utilizzati dai trascrittori del Corano. Non ci si permetta di dare del fesso a studiosi seri e scrupolosi. Riguardo il commento 2: le radici delle lingue semitiche vongono in arabo declinate in dieci forme (non tutte le radici le hanno tutte, anzi forse pochissime), ciascuna delle quali può assumere anche più di un significato per esempio la nota parola “ǧihād”. La radice ǧhd: alla I forma, verbo “ǧahada”, vuol dire sforzarsi, applicarsi con zelo, ma anche tormentare, estenuare qc. La III forma, “ǧāhada” (prima a lunga), già si traduce in COMBATTERE qc.; mentre, SFORZO, applicazione, zelo, assiduità in qc., e anche fatica, tensione, si dicono “ǧahd”, plurale “ǧuhūd”.
      ǧihād NON VUO DIRE SFORZO, che è “ǧahd”.
      ǧihād si traduce COMBATTIMENTO, LOTTA, GUERRA SANTA CONTRO GLI INFEDELI, combattere lungo la via di Dio (- الله سبيل في جهاد) – le parole sono in ordine rovescio, ma è colpa dell’editor – ; e poi “ǧihādīyat”, Servizio militare.
      Il muǧāhid (il “mu” indica il participio) è colui che COMBATTE LA GUERRA SACRA, che al plurale fa muǧāhiddīn.
      Fra gli altri significati derivati mi semba di ricordare scalino, ma forse mi confondo. La stessa radice consonantica forse era già presente in paleocananaico (come è per esempio la radice ktb, di kataba = scrivere), dal quale anche l’ebraico (non l’arabo), con chi sa quali diramazioni semantiche. Sta di fatto che in arabo, tenendo conto del periodo, una parola aveva il suo, o i suoi, significato e punto, esattamente come in italiano.
      Occorrerebbe però sempre essere molto scrupolosi. Per esempio almakireena, da quel che riesco a leggere dovrebbe essere almeno almakirin. La traslitterazione non dovrebbe mai tenere conto della pronuncia, né araba, spesso dialettale e comunque non necessariamente classica, ancora meno inglese, gli inglesi traslitterano in maniera errata: quella semivocale è una i (y) e non una ee, che in arabo non esiste (ripeto, aggiorneremo l’articolo e ci scusiamo per la svista.
      Aggiungeremo qualche informazione aggiuntiva anche per il termine makra, anche se non trovassimo nulla di interessante.

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