Jizya: tutta la verità sull’infame estorsione
Premessa: noi di Islamicamentando abbiamo in precedenza esposto l’importanza che la Jizya riveste nell’Islam dal punto di vista del sostentamento della Ummah.
Alcuni giorni fa tuttavia, un apostata arabo titolare del canale YouTube The Masked Arab ha pubblicato questo video in cui spiega in inglese tutta la storia della famigerata tassa che chi si sottomette alla conquista islamica è obbligato a pagare.
Per via dell’eccellente qualità e completezza delle informazioni fornite, abbiamo deciso di trascrivere in italiano tutto quello che The Masked Arab ha splendidamente riportato, trasferendolo in un articolo corredato di immagini e fonti, le stesse che si vedono nel video.
Noi di islamicamentando vogliamo ringraziare The Masked Arab per il prezioso lavoro che sta svolgendo e invitiamo i nostri lettori a seguire il suo canale, su cui pubblica video anche in arabo.
Questa è la guida definitiva alla Jizya: tutta la verità sull’infame tributo.
1) Cos’è la Jizya e dove viene prescritta nell’islam?
In breve, la Jizya è un’estorsione mascherata come tassa che viene imposta ai sudditi Dhimmi di uno stato islamico. La parola Dhimmi (ذِمَّي) deriva da Dhimma (ذِمَّة), che in maniera approssimativa può essere tradotta come “patto”. Un termine moderno più adatto potrebbe essere “responsabilità”, nel senso che i Dhimmi sottostanno alla ”responsabilità” dei musulmani per via del “patto della Jizya”.
La parola Jizya (جِزية) ha origine dal termine arabo Jazaa’ (جَزَاء ), che significa approssimativamente risarcimento. Possiamo capire che cosa si intende con ciò, leggendo la definizione che viene data nel volume 15 alla pagina 149 dell’Enciclopedia della giurisprudenza islamica:
Si legge che:
“La Jizya è quello che viene prelevato ai Dhimmi, una quantità che viene stabilita per la gente del libro, che deriva dalla parola Jazaa’, dato che viene considerato risarcimento che viene pagato dai Dhimmi così che non vengano uccisi”.
La forma più comune di Jizya consiste in una tassa monetaria che viene applicata ai sudditi monoteisti non-musulmani di uno stato islamico, principalmente ebrei e cristiani.
Il comando di imporre la Jizya a queste persone appare nella sura 9 versetto 29 del Corano:
Il versetto è piuttosto chiaro. Ordina di combattere coloro che non credono in Allah o nel giorno del giudizio. Inoltre, viene anche ordinato di combattere coloro che, pur credendo in Allah e nel giorno del giudizio, non proibiscono ciò che Allah e Maometto hanno vietato.
La lista dei divieti è già di per sè molto lunga, visto che include i rapporti prima del matrimonio, l’alcol, il cibo durante il Ramadan, eccetera.
Il versetto poi continua ordinando di combattere anche la gente del libro, ebrei e cristiani, affinché paghino la tassa come riconoscimento della superiorità dell’islam, vivendo in uno stato di sottomissione e inferiorità.
Questo viene confermato da uno dei maggiori sapienti come ibn Kathir con la sua spiegazione (tafsir) del versetto (Tafsir di ibn Kathir).
Si legge nel titolo del paragrafo che:
“pagare la Jizya è un segno di kufr-miscredenza e disgrazia/vergogna”.
Il Tafsir prosegue poi con la spiegazione di ciò che Allah ha detto, frase per frase:
“Fino a quando paghino la Jizya” > “se non scelgono di non abbracciare l’Islam”,
“con consapevole sottomissione” > “in segno di sconfitta e servilismo”,
“e si sentano soggiogati” > “caduti in disgrazia, umiliati e sminuiti”.
Quindi ai musulmani non è consentito onorare la gente della Dhimmah o metterli al di sopra dei musulmani, poiché sono miserabili, disgraziati e umiliati. Sahih Muslim registrò da Abu Huraira che il profeta disse:
«non iniziate il saluto “salam” agli ebrei e ai cristiani, e se li incontrate per strada, forzateli verso la parte più stretta di essa». (Sahih Muslim, Libro 26, Numero 5389)
Quindi la funzione complessiva della Jizya è di far vergognare, umiliare e sminuire i non-musulmani oltre a, ovviamente, rimpinguare le casse dello Stato Islamico. Questi tre verbi sono la chiave di tutto. Viaggiano di pari passo con il denaro che viene versato tramite la Jizya.
Un altro autore di commenti al Corano molto rispettato, ovvero Tabari, dice nella sua spiegazione che il principale obbiettivo della Jizya è questo:
“Significa che stanno dando il denaro ai musulmani per salvarsi dalla decapitazione”.
Tabari poi prosegue spiegando il significato delle ultime parole del versetto 9:29, “wahum saghiroona (وَهُمْ صَاغِرُون)” ovvero “essere sconfitti e umiliati”: “Con umiliati, il Corano li descrive come spregevoli”.
Accanto a ciò, abbiamo anche la spiegazione di Al Razi a riguardo (http://Tafsir di al razi):
“Quello che si intende con “sminuiti” è che la Jizya viene riscossa da loro mentre sono in uno stato di sminuimento (inferiorità), umiliazione e vergogna. Chi paga deve venire a offrire la Jizya di persona a piedi, non a cavallo, porgendo il tributo ad una persona che resta seduta mentre lui (il Dhimmi) è in piedi, la sua barba viene poi afferrata e gli viene detto di consegnare la Jizya e una volta che lo fa, viene spinto via per la collottola. Questo è ciò che si intende per sminuimento”.
La Jizya tuttavia non è presente solo nel Corano, ma anche in diversi Hadith considerati autentici dalla vasta maggioranza di musulmani.
Uno di questi lo troviamo in Sahih Muslim vol.5, n.4522
Dopo la parte in cui Maometto incita i suoi a temere Allah e a combattere chi non crede ad Allah, si legge chiaramente:
“Se si rifiutano (di abbracciare l’Islam), allora chiedi loro di pagare la Jizya. Se acconsentono, accettalo e smetti di combatterli. Se invece rifiutano, cerca l’aiuto di Allah e combattili”.
Questo ci porta alla seconda domanda.
2) Maometto implementò mai la Jizya?
Maometto iniziò già ad implementare un “precursore” della Jizya circa due anni prima che venisse ufficialmente menzionata nel Corano. Se apriamo la Sira di ibn Ishaq a pag. 515 possiamo leggere la tortura e la decapitazione di Kinana in seguito della presa di Khaybar.
Proseguendo, leggiamo:
“L’apostolo assediò la gente di Khaybar nei suoi due forti Al-Watih e Al-Sulalim e quando non poterono più resistere costoro gli chiesero di lasciarli andare e risparmiare loro la vita, cosa che lui fece. Ora il profeta aveva preso possesso di tutte le loro proprietà – Al Shaqq, Nata e Al Katiba – eccetto ciò che spettava a queste due. Quando la gente di Fadak venne a sapere quello che era accaduto inviarono qualcuno all’apostolo chiedendogli di lasciarli andare e risparmiare loro la vita ne in cambio gli avrebbero lasciato le loro proprietà, e lui fece così. Colui che fece da intermediario era Muhayyisa bin Masud, fratello di B. Haritha. Quando la gente di Khaybar si arrese a queste condizioni, chiesero all’apostolo di impiegarli nelle proprietà (campi) ricevendo la metà del raccolto, dicendo « Sappiamo più di te in materia e siamo più bravi come contadini ».
L’apostolo accettò quest’accordo alla condizione che “se vi vogliamo cacciare, vi cacceremo”. Fece un accordo simile come gli uomini di Fadak”.
Ora, quando vengono sottoposti a queste fonti, una tattica comune da parte degli apologeti islamici consiste nel negare la credibilità della fonte.
Nell’islam maggioritario le fonti più credibili sono in ordine:
1 – Il Corano, seguito immediatamente da
2 – Gli hadith
3 – La sira (biografia), anch’essa basata sugli hadith.
Questo nonostante il fatto che la biografia di Maometto sia stata scritta prima della compilazione degli hadith e la loro classificazione.
Ad ogni modo, il fatto che Maometto prese per sè metà del raccolto di Khaybar viene confermato anche negli hadith autentici di Sahih Muslim e Sahih Bukhari.
Il seguente hadith conferma che l’accordo con la gente di Khaybar avvenne veramente (Sahih Al Bukhari vol.3, n.2338).
“Narrò ibn Umar:
Umar cacciò gli ebrei e i cristiani da Hijaz. Quando il messaggero di Allah aveva conquistato Khaybar, voleva cacciare gli ebrei da lì, dato che il suo territorio era diventato territorio di Allah, del suo messaggero e dei musulmani. Il messaggero di allah intendeva espellere gli ebrei ma loro gli chiesero di lasciarli rimanere alla condizione che avrebbero svolto il lavoro nei campi e preso metà dei frutti. Il messaggero di Allah disse “noi vi lasceremo rimanere a questa condizione, fintanto che noi lo desideriamo”. Così, gli ebrei continuarono a vivere lì finché Umar li contrinse ad andare verso Taima e Ariha”.
E nel caso in cui qualche apologeta islamico dovesse sostenere che la gente di Khaybar consegnò le proprie ricchezze a Maometto spontaneamente perché gli volevano bene, questa narrazione di Anas (Sahih Muslim vol. 5, n. 4665) dimostra che Khaybar venne presa con la forza quando la gente del posto, che si stava recando a lavorare nei campi con gli appositi attrezzi da campo, venne colta con la guardia completamente abbassata e massacrata facilmente come una sorta di enorme sacco da pugilato:
“Khaybar venne presa con la forza”.
La Jizya venne riscossa dai musulmani sotto Maometto nei tanti posti in cui i musulmani costrinsero i non-musulmani sconfitti a pagare.
Nel volume numero 15 dell’Enciclopedia della giurisprudenza islamica (pag. 154), leggiamo:
“Il messaggero di Allah non prese la Jizya da nessuno degli infedeli prima che il versetto della Jizya venne rivelato. Quando il versetto venne rivelato, riscosse la Jizya dai cristiani di Najran, i Zoroastriani di Hajar (un’area che va dall’Oman a Basra), poi la prese dalla gente di Ayla (a nord-ovest dell’attuale Arabia Saudita), Athruh (vicino alla Siria), Athriaat (vicino all’attuale Amman) e dalle tribù cristiane che abitavano altri luoghi ai confini della penisola araba”.
3) La Jizya prescritta e messa in pratica da Maometto continua ad essere valida anche per l’era odierna?
Alcuni potrebbero evidenziare che la Jizya fosse solo una “misura temporanea”, che non sia da intendere per l’epoca attuale e quindi il fatto che l’ISIS abbia ristabilito la Jizya sarebbe completamente sbagliato, ma il problema consiste nel fatto che questa dichiarazione venga smontata immediatamente attraverso un hadith (Sahih al-Bukhari vol. 3, n. 2476) in cui Maometto dichiara che la Jizya verrà abolita soltanto dopo la seconda venuta di Gesù:
Si legge:
“Il Messaggero di Allah disse: “L’ora non sarà giunta fino a che il figlio di Maria (Gesù) sarà disceso tra di voi come un giusto sovrano, romperà la croce, ucciderà i maiali, e abolirà la Jizya. Il denaro sarà in abbondanza così che nessuno lo accetterà”.
4) Quali sono i tipi di Jizya?
Prima di fornire nuovi dettagli sulla Jizya è necessario spiegare alcune cose. Nell’islam ci sono quattro scuole principali di giurisprudenza che determinano le leggi della shaaria per i musulmani sunniti. Gli sciiti appartengono ad altre scuole di giurisprudenza, ma la differenza non è sostanziale, quindi ci soffermeremo sulle scuole sunnite.
Questa è la mappa che mostra i luoghi in cui i vari musulmani delle varie scuole di giurisprudenza vivono in funzione delle rispettive scuole di giurisprudenza.
Il primo tipo è la Jizya Sulhiya (الجزية الصلحية) che significa Jizya concordata ed è una forma riconosciuta da tutte le scuole di giurisprudenza.
La scuola malikita e hanafita riconoscono però anche un secondo tipo, ovvero la Jizya Anawiya (الجزية العنوية) che significa Jizya forzata. È quasi fuorviante il fatto che venga chiamata così, dato che
la Jizya è nella sua stessa natura imposta e forzata. La differenza tra le due è molto sottile.
La Jizya concordata o per noi più comunemente “standard” è il risultato che si ha quando i musulmani conquistano un territorio non-musulmano offrendo a chi vi abita di convertirsi all’Islam o pagare la Jizya altrimenti l’esercito islamico combatterà la popolazione non-musulmana.
La Jizya forzata invece è imposta su quei non-musulmani che inizialmente si sono rifiutati di pagare la Jizya e sono stati di conseguenza attaccati dai musulmani, il più delle volte venendo uccisi, resi schiavi o venduti in cambio di un riscatto come prigionieri di guerra.
In sostanza, alcuni sapienti delle due scuole Hanafita e Malikita vedono la Jizya forzata come un’ulteriore opzione da sottoporre ai non-musulmani che si erano già rifiutati di pagare la Jizya standard e dopo un combattimento sono stati definitivamente sconfitti.
Altre scuole, come vediamo, saltano questo passaggio procedendo all’eliminazione diretta di chi ha rifiutato la Jizya standard ed è stato sconfitto nella battaglia che ne è seguita.
5) Chi paga la Jizya?
Nella forma più comune di Jizya, la Jizya standard o appunto Jizya Sulhiya, può essere sottoposto al pagamento chiunque appartenga ad una religione abramitica, donne e bambini compresi, a patto che faccia parte dell’accordo siglato. Storicamente è stata il più delle volte imposta agli uomini.
In questo tipo di Jizya si può costringere a pagare il tributo individualmente o in maniera collettiva da parte delle comunità sottomessa.
Nell’altra forma di Jizya, la Jizya anawiya, solo gli uomini liberi (non schiavi) in salute e i maschi che hanno raggiunto la pubertà devono pagare, mentre le donne, i bambini, i ciechi e i malati gravi e terminali sono esenti. Deve essere inoltre imposta a livello individuale e non collettivo.
Riguardo i gruppi religiosi da cui la Jizya è accettata, tutte le quattro scuole concordano che debba essere pagata da cristiani ed ebrei, indipendentemente dal fatto che siano arabi o meno, poiché questi due gruppi sono considerati “la gente del libro”.
Le quattro scuole generalmente accettano il pagamento della Jizya anche dai zoroastriani, arabi e non-arabi, facendo riferimento all’hadith precedentemente citato in cui si racconta che Maometto riceveva la Jizya da costoro.
Oltre a questo, vi è un gruppo di persone molto esiguo nel medio oriente (alcuni sono tutt’ora presenti in Iraq) chiamati Mandei, in arabo Sabei (الصابىة). Le scuole Hanafita, Hanbalita e Mailikita affermano che a questi gruppi può essere risparmiata la vita con il pagamento della Jizya, ma la scuola Shafi sostiene che questa possibilità può essere loro offerta solo se i cristiani o gli ebrei li dichiarano come facenti parte della loro stessa comunità.
Riguardo tutti gli altri gruppi religiosi tra cui i politeisti, questi non sono conformi al pagamento della Jizya secondo gli Shafi e gli Hanbali. Dunque per loro è possibile soltanto convertirsi all’Islam o essere uccisi.
Gli hanafi dicono che è possibile offrire la possibilità di pagare la Jizya anche ai politeisti, a condizione che non siano arabi.
Nella scuola malikita, la posizione più diffusa consiste nel considerare in linea con il pagamento della Jizya qualsiasi gruppo non-musulmano, compresi i politeisti arabi.
6) A quanto ammonta la Jizya?
Contrariamente a quanto affermano molti difensori dell’islam, la Jizya Sulhiya, ovvero la forma più diffusa, non ha alcun limite massimo.
Nel califfato islamico il suo ammontare viene deciso dal governatore locale e dipende da caso a caso. Non è nemmeno necessario che venga erogata in forma monetaria, come abbiamo visto nell’episodio di Khaybar.
Nell’enciclopedia della giurisprudenza islamica (vol. 15, pag. 183) leggiamo il seguente esempio:
“Il profeta si mise d’accordo con la gente di Najran di farsi pagare con 2000 ornamenti. La metà consegnata nel mese di Safar e il resto nel mese di Rajab”.
Prosegue poi con:
“Umar fece un accordo con i Banu Taghlib che avrebbero pagato il doppio della Zakat pagata dai musulmani”.
Non esattamente in linea con quello che i vari apologeti sostengono nel dire che l’ammontare della Jizya sia l’equivalente della Zakat, ovvero il 2,5% dei guadagni di un anno.
Già da questi esempio è chiaro che Umar costrinse i non-musulmani a pagare il doppio di quello che pagavano i musulmani con la Zakat.
Il tipo meno comune di Jizya, la Jizya Anawiya, ha invece un limite massimo.
Teniamo in mente che 3 Dirham era il costo medio di uno scudo.
Quindi il limite massimo per la Jizya Anawiya venne stabilito a:
48 Dirham > alta classe sociale
24 Dirham > media classe sociale
12 Dirham > bassa classe sociale
Potrebbe non sembrare una quantità elevata, tuttavia vale solo ed esclusivamente per la Jizya Anawiya, che rappresenta la forma di Jizya meno comune nonché la meno riconosciuta dalla giurisprudenza islamica.
La forma più comune riconosciuta invece, la Jizya Sulhiya non ha alcun limite massimo.
7) Cosa succede se qualcuno non paga la Jizya?
Vi sono diversi modi di affrontare coloro che non pagano la Jizya dopo che avevano sottoscritto l’accordo del pagamento per aver salva la vita.
Esiste già il pagamento della Jizya in soldi o in merce, ma cosa accade se i non-musulmani dichiarassero di non avere niente da offrire?
Generalmente i sapienti affermano che non si dovrebbe far pagare più di quanto i Dhimmi siano in grado di pagare, ma osservando il modo in cui Amr ibn Al-As (uno dei compagni di Maometto e conquistatore dell’Egitto Amr ibn Al-As) affrontò la questione, possiamo vedere a quanto in basso possa arrivare l’intero concetto di Jizya.
Se leggiamo il libro “Le origini dello stato Islamico – The origins of the islamic state ” alla pagina 353-354, notiamo come l’esercito islamico avesse un altro modo si riscuotere la Jizya dalla povera popolazione Amazigh (berberi) nel nord-est dell’attuale Libia
I berberi di Luwatah – Amr ibn al As pose questa come condizione ai berberi di Luwatah e Barkah «Dovete venderci i vostri bambini e le vostre mogli per pagare il tributo a voi imposto».
Quindi i musulmani in questa circostanza obbligarono gli Amazigh, da loro nominati berberi, a vendere i loro figli e le loro mogli come schiavi per poter pagare la Jizya.
Questa storia non è stata scritta dagli infedeli. Questo è un libro scritto da una penna musulmana per documentare la storia dei musulmani.
Dunque abbiamo visto uno dei provvedimenti verso un gruppo che non può permettersi di pagare la Jizya. Vediamo quali altre punizioni troviamo per chi non può permettersi di pagare la Jizya:
Secondo tutte le quattro principali scuole di giurisprudenza islamica, chi non riesce a pagare la Jizya deve essere ucciso o reso schiavo.
La maggioranza di questi sottogruppi afferma che debbano essere puniti solo i componenti maschili della comunità, ma la scuola Malikita afferma che si possono mettere in schiavitù i relativi figli e le mogli.
Questo è spiegato più dettagliatamente alla pagina 139 del volume 7 dell’enciclopedia della giurisprudenza islamica:
In conclusione, la Jizya:
– È prescritta molto chiaramente nel Corano e negli hadith
– È stata implementata da Maometto che l’ha riscossa da diverse comunità durante la sua vita
– Venne imposta anche successivamente alla morte di Maometto
– Deve continuare ad essere riscossa fino alla seconda venuta del messia.
– Ordina l’umiliazione e la mortificazione della gente a cui viene imposta, i Dhimmi.
– I più importanti commentatori del Corano vedono la funzione della Jizya nell‘ottica di sminuire e umiliare chi è sottoposto a questa tassa nel peggiore dei modi.
– La Jizya presenta una forma comune a tutte le maggiori scuole di giurisprudenza islamiche.
Quello che ora chiediamo ai musulmani non riguarda l’ingiustizia che scaturisce dal trattare la gente diversamente a seconda di ciò in cui crede, non riguarda il fatto che somigli tantissimo ad un’estorsione di stampo mafioso nè il fatto che sia uno schiaffo all’idea stessa di libertà di religione da loro spesso invocata.
La domande che rivolgiamo sono invece le seguenti:
1) In base a quale principio un Dio d’amore farebbe dell’umiliazione e della mortificazione una parte integrante così importante della Jizya, annullando ogni forma di dignità umana?
2) Se intendete obbiettare in merito al fatto che Allah non intenda quello che dice e che la parola araba “saghiroona – صَاغِرُونَ” che significa “umiliare, sminuire” è stata finora fraintesa dai più grandi sapienti islamici, allora per quale motivo un Dio saggio e onnisciente, quindi in grado di prevedere un eventuale “equivoco”, non ha utilizzato una parola molto più chiara che evitasse di trattare i non-musulmani come spazzatura?
Tempo fa lessi che l’abolizione del pagamento della jizya nell’impero ottomano causò delle rivolte da parte della popolazione musulmana contro i cristiani. Potete confermare