La pena per apostasia nella scuola Malikita
Siamo proprio sicuri che nell’islam solo i wahabiti siano brutti e cattivi?
Una lettrice ci chiede spiegazioni.
“Buongiorno islamicamentando, sono una vostra lettrice.
C’è una mia conoscente di origine marocchina che continua ad insistere dicendo che l’islam è una religione di pace, che non c’è costrizione, che l’islam non è un monolite e la colpa è solo dei wahabiti. Sostiene anche che l’islam malikita sia molto tollerante e moderno. A me sembra solo una tattica per confondere la gente, anche perché, come dimostrano le fonti stesse, non è che un musulmano possa deviare da quanto prescritto da Allah e da Maometto. Grazie e continuate così”.
Carissima lettrice,
siamo felici di constatare che davanti a chi cerca con insistenza di difendere l’Islam confondendo la gente, ci sia ancora chi continua a indagare e a cercare le informazioni necessarie.
Per avere una risposta alla sua domanda basta consultare Al Muwatta, l’opera più importante di Malik ibn Anas, fondatore di questa scuola di giurisprudenza islamica (Madhhab, in arabo: مذهب, pl. madhāhib مذاهب).
Prendiamo ad esempio un tema molto importante: la pena di morte per chi lascia l’islam.
La scuola malikita fa riferimento al detto di Maometto in cui chi lascia l’islam deve essere decapitato (in blu).
In particolare per questa “moderatissima” scuola di pensiero, ci sono due scenari (36.18.15-16, in verde e in rosso).
1) Se l’apostata viene “pizzicato”, questo significa che l’interessato non aveva intenzione di pentirsi e deve essere ucciso senza chiedergli di pentirsi.
2) Se invece l’aspirante apostata comunica la propria intenzione di lasciare l’Islam, questi può essere messo in prigione per tre giorni in cui viene sfamato con un tozzo di pane al giorno e invitato a pentirsi. Se non si pente verrà ucciso.
Se volete conoscere anche i provvedimenti della scuola Hanafita, cliccate qui.