Bloggando il Corano: Sura 11, “Hud”

Commento al Corano: Sura 11, Hud
di ROBERT SPENCER (14, Gennaio, 2008)

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La Sura 11, “Hud,” (come la Sura 10) risale all’ultimo periodo Meccano, la prima parte della carriera profetica di Maometto. Il nome deriva dai Versetti 50-60, che raccontano la storia del profeta Hud che, secondo la tradizione Islamica, fu inviato al popolo Arabo di ‘Ad nel 2400 circa prima di Cristo. La Sura 11 ripete, in termini ancora più forti, i moniti della Sura 10 a proposito del giudizio di Allah. Ciò, secondo un hadith, provocò molta ansia a Maometto. Una volta uno dei suoi più importanti seguaci, Abu Bakr, gli disse: “Oh Messaggero di Allah, in verità la tua capigliatura si sta tingendo di grigio”. Maometto rispose che la Sura 11, insieme alle Sure 56, 77, 78, e 81, tutte riguardanti il giorno del Giudizio, “ha fatto diventare grigi i miei capelli”.

Questa Sura, che fa diventare grigi i capelli, inizia (Versetti 1-24) con un riassunto di molti temi trattati nella Sura 10, inclusa la saggezza del Corano stesso (v. 1). Mujahid, Qatadah, e Ibn Jarir, tra gli altri, hanno spiegato che il Versetto significa che il Corano “è  perfetto per i suoi vocaboli e chiarissimo quanto al suo significato. Perciò, è completo nella sua forma e nel suo significato”. Perché, dice Ibn Kathir, “questo Corano è disceso [dal cielo], perfetto e dettagliato, all’unico scopo della sola adorazione di Allah, senza nessuno associato a lui”. Il Corano è anche inimitabile: la sfida a comporre una Sura come questa è ripetuta nel Versetto 13. Vengono poi sottolineate: la necessità di adorare soltanto Allah (v. 2) e la dipendenza da Lui di tutte le creature (v. 6); l’inutilità degli idoli (v. 14); l’ingannevole fascino di questa vita (v. 15); l’orribile punizione (vv. 16, 22) che attende coloro che “inventano bugie contro Allah” (v. 18), e i deliziosi giardini che attendono i beati (v. 23),

Il Versetto 5 contiene una strana affermazione: “Appena si coprono coi loro abiti, Allah conosce ciò che nascondono e ciò che esprimono”. Che cosa c’entra il coprirsi sotto gli abiti con il fatto che Allah li conosce? Bene, sembra che certe persone indossassero abiti per nascondersi da Allah, specialmente durante momenti di intimità: Ibn Abbas spiega che

“c’erano persone che si vergognavano di togliersi gli abiti quando rispondevano ai richiami della natura all’aperto e quindi di esporsi nudi sotto il cielo. Essi si vergognavano anche di avere rapporti sessuali con le loro donne per paura di essere esposti al cielo. Ciò quindi fu rivelato riguardo a loro”

Poi seguono le storie di vari profeti, tutti riguardanti il loro rifiuto da parte di ostinati e perversi infedeli. I Versetti 25-49 raccontano la storia di Noè e dell’arca, con una significativa differenza rispetto al racconto biblico. In Genesi 6-9, Noè non ha nulla a che fare con gli infedeli; Dio gli dice: “Ho deciso di porre una fine a tutta la carne [l’umanità]; poiché la terra è piena di violenza a causa loro; ecco, io li distruggerò e con essi la terra” (Genesi 6-13), e gli ordina di costruire l’arca, ma non gli dice di di andare ad avvertire la gente del prossimo diluvio. Ma nel Corano, Noè avvicina la sua gente con un “chiaro monito” (v. 25) che devono “servire nessun altro se non Allah” (v. 26). Pertanto, la corruzione e la violenza di cui la gente è colpevole nel racconto biblico, nel Corano diventa esclusivamente l’idolatria o, più precisamente, lo shirk, l’attribuzione  di “soci” ad Allah.

Ovviamente, Maometto si rivolse alla sua gente con un monito chiarissimo (14:52) che non dovevano servire alcuno tranne Allah (3:64), e così, in questo racconto Noè è una specie di proto-Maometto, che diffonde un messaggio identico al suo. E questo è, infatti, il modo in cui l’Islam vede tutti i profeti Biblici. Essi, come Maometto, hanno predicato l’Islam – furono i loro seguaci a corrompere i loro insegnamenti, per creare l’Ebraismo e il Cristianesimo moderni. Anche l’accoglienza riservata a Noè assomiglia a come i Quraishiti pagani accolsero Maometto. Gli infedeli gli dicono che lui è semplicemente un uomo e accusano lui e i suoi seguaci di mentire (v. 27), e addirittura sostengono che lui falsifichi i messaggi che pretende di ricevere da Allah (v. 35). Noè ribatte dicendo che non ha importanza quello che lui riferisce a loro se Allah ha deciso di allontanarli dalla retta via (v. 34). Ovviamente, ciò ricalca quasi esattamente l’esperienza di Maometto: Allah gli ordina di dire agli infedeli di essere soltanto un uomo (18:110); essi lo accusano di mentire (42:24) e di falsificare il Corano (v. 13); e naturalmente Maometto insegna che se Allah vuole allontanare qualcuno dalla retta via, nessuno lo può guidare (7:186).

Quindi, in sostanza, Noè non è altri che un sosia di Maometto. Indirettamente, si enfatizza la sostanziale identità dei messaggi di tutti i profeti e l’ostinazione degli infedeli di fronte alla evidente verità di Allah. Uno di questi infedeli è il figlio di Noè, che rifiuta di entrare nell’arca e invece dice: “Io salirò su qualche montagna: essa mi salverà dall’acqua” (v. 43). Suo figlio muore nel diluvio e Noè ricorda ad Allah la sua promessa di salvare la sua famiglia (che avvenne nel Versetto 40): “O mio Signore! Sicuramente mio figlio è della mia famiglia!” (v. 45). Ma Allah gli risponde: “O Noè! Lui non appartiene alla tua famiglia: poiché la sua condotta è malvagia” (v. 46). Nell’Islam fede e incredulità sostituiscono addirittura i legami familiari. Ibn Kathir spiega:

“Così, per suo figlio, era già stato deciso che sarebbe annegato, a causa della sua incredulità e la sua opposizione a suo padre”

La storia di Hud (Versetti 50-60) segue quasi lo stesso schema. Dice al popolo di ‘Ad di pentirsi (v. 52), ma loro si lamentano che lui non ha portato segni chiari (v. 53), e così vengono distrutti – benché Hud e la sua gente vengano risparmiati (v. 58). I Versetti 61-68  ripetono lo stesso schema raccontando la vicenda di Salih, che fu mandato qualche tempo dopo Noè al popolo dei Thamud, che viveva nell’Arabia del Nord. Allah mostra un segno del suo potere: la “cammella di Allah è un segno per te” (v. 64) – che, secondo alcune tradizioni uscì miracolosamente da una montagna. Viene raccomandato ai Thamud di non farle alcun male, ma non ostante ciò loro la mutilano (v. 65) e quindi vengono distrutti (v. 67), ad eccezione di Salih e dei credenti (v. 66).

I Versetti 70-83 ripetono la storia di Abramo, Sara e Lot. culminando nella distruzione delle innominate Sodoma e Gomorra (v. 82) con una forte allusione ad un innominato crimine di sodomia (v. 79). I Versetti 84-95 raccontano la storia di Shu’aib, profeta dei Madianiti, con un linguaggio molto simile e con un esito identico alla storia di Hud.

Infine, i Versetti 96-123 riassumono molti temi della Sura, con un accenno a Mosè e al Faraone (vv. 96-98). Sia chi rifiuta che chi accetta Allah dovrà affrontare un terribile giudizio, che condurrà gli infedeli all’inferno e i credenti in Paradiso (vv. 103-108). Allah diede a Mosè la Torah, ma ci sono dispute su ciò (v. 110), dispute che Allah avrebbe già risolto, se non fosse che ha deciso “di ritardare il castigo della vostra nazione”, secondo il Tanwîr al-Miqbâs min Tafsîr Ibn ‘Abbâs. I credenti devono pregare e stare saldi (vv. 114-115), perché tutto questo è la volontà di Allah: “Se il tuo Signore ha voluto così, egli avrebbe potuto fare dell’Umanità un popolo solo: ma essi non smetteranno di litigare” (v. 118). E certamente i credenti devono confidare in Lui (v. 123).

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Una risposta

  1. Davide M. ha detto:

    L’Islam, sotto tutte le sue forme ed interpretazioni, non è altro che il cancro dell’Umanità allo stesso modo del sionismo. Entrambi sono la causa di ogni male e di ogni conflitto bellico

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