Apostasia: cosa prevedono i versetti Meccani? Sono davvero tutti versetti di pace?
Diversi lettori ci hanno chiesto se le sure del periodo meccano siano veramente così pacifiche e tolleranti o se invece non vi sia comunque un messaggio pericoloso comunque presente, magari più o meno “nascosto”.
La tesi che vuole le sure Meccane come un inno alla pace e alla tolleranza è un altro di quei miti che vengono immediatamente smontati leggendo attentamente il Corano senza lasciarsi distrarre dal suo stile poetico insolito e dalle sue frasi ridondanti.
È proprio in una sura Meccana, la numero 18, che troviamo la legittimazione dell’uccisione di chi viene appena sospettato di condurre la propria famiglia all’apostasia e che per altro non è nemmeno così nascosta (per evitare di rendere l’articolo troppo lento e dispersivo eviteremo di riportare tutti quanti i versetti parola per parola, essendo il Corano facilmente consultabile online e reperibile).
Questo concetto viene spiegato durante un racconto che vede Mosè e un suo servitore in viaggio verso un luogo “in cui i due mari si incontrano” (18:60). Una volta giunti sul luogo, Mosè e il suo servitore incontrano un uomo inviato da Allah, ovvero un altro profeta che nei vari Tafsir viene identificato come Al Khadir (18:65).
Mosè chiede Al Khadir il permesso di seguirlo (18:66) per “scopi didattici” e quest’ultimo accetta, precisando che però avrebbe fatto cose che per Mosè sarebbero potute risultare difficili da capire (18:67-68). Mosè comunque gli promette di seguire i suoi ordini (18:69) e così Al Khadir ribadisce che sarà lui stesso a dargli le spiegazioni, ma al momento opportuno (18:70).
Il gruppo riparte e Al Khadir compie alcune azioni (in tutto tre) che suscitano lo stupore di Mosè, la seconda delle quali è quella di uccidere un bambino (18:74):
« Continuarono insieme e incontrarono un bambino che (Al Khadir) uccise » (18:74)
Cosi facendo, Al Khadir si attira la rabbia di Mosè per via del crudele gesto. Mosè infatti afferma che quel bambino non era stato colpevole di nulla. Al Khadir però ripete che a tempo debito gli avrebbe spiegato tutto (18:75).
Infatti alcuni versetti dopo Al Khadir spiega a nome di Allah perché ha ucciso quel bambino, che a suo avviso non era assolutamente innocente:
« Riguardo il bambino (الْغُلَامُ), i suoi genitori sono credenti e temevamo (فَخَشِينَا) che li avrebbe soggiogati con ribellione e miscredenza » (18:80)
Qui non ci sono scuse: quel bambino non stava facendo nulla ed è stato ucciso da un profeta musulmano con il beneplacito di Allah. Nessuna guerra da cui il “povero” Maometto doveva difendersi così come non vi era alcuna aggressione da respingere.
È stato invece ucciso su ordine di Allah solo perché Allah stesso temeva che un giorno quel bambino avrebbe portato i genitori a lasciare l’Islam, ed è Allah stesso che rimarca il concetto usando la forma verbale in prima persona al plurale.
La versione in arabo infatti contiene il verbo “فَخَشِينَا”, che significa “temevamo, avevamo timore”, dal verbo ”خشي” che significa “temere”. Riportiamo qui in basso la pagina del dizionario Arabo-Inglese Hans Wehr con il lemma di questo verbo:
Quindi basta solo il timore di avere un potenziale apostata in famiglia che possa “contagiare” gli altri componenti, a rendere legittima la sua uccisione.
Tra tutte le volte in cui – tra Corano e Hadith – viene decretato che chi lascia l’Islam viene condannato a morte, questa rappresenta la sentenza più forte e definitiva che ci possa essere, talmente perentoria da decretare la morte anche per un bambino di cui si sospetta che un giorno possa scegliere di lasciare la falsa “religione” di Maometto e magari tentare di far aprire gli occhi alla propria famiglia.
Ascoltando le testimonianze degli apostati costretti a scappare di casa per salvarsi la vita non possiamo che trovare tristemente conferma di quanto siano fin troppo importanti anche le prescrizioni “rivelate” nel periodo meccano.
Il nostro pensiero va sia a loro che tutti gli altri “potenziali” apostati che purtroppo non ce l’hanno fatta, come Hina e Sanaa qui in Italia.